19 aprile 2024
Aggiornato 21:30
Dopo due anni di lavori e negoziati

FAO: migliore gestione per l’ultima frontiera della pesca

Stabiliti criteri guida per proteggere specie ed habitat d’alto mare

Dopo due anni di lavori e negoziati i Paesi membri* della FAO hanno adottato criteri guida internazionali per limitare l’impatto della pesca sulle specie e gli habitat fragili delle acque profonde.
Le linee guida forniscono un quadro normativo a cui i paesi devono fare riferimento quando pescano in zone al di fuori delle giurisdizioni nazionali, dove avviene la pesca in acque profonde.

Stabilendo che tutte le attività di pesca d’alto mare dovrebbero essere «gestite in modo rigoroso», si configurano misure per identificare e proteggere ecosistemi vulnerabili e fornire indicazioni su un uso sostenibile delle risorse marine.

Ecco alcune delle raccomandazioni proposte:
• I paesi devono monitorare la pesca in acque profonde svolta dalle proprie flotte allo scopo di determinare se vi siano effetti negativi sulle risorse marine.
• Le attività di pesca in acque profonde devono essere sospese se nelle zone dove sono condotte si ritiene possano avere un impatto negativo su ecosistemi marini vulnerabili.
• Laddove la pesca può essere intrapresa in modo responsabile, devono comunque essere impiegati metodi di pesca più appropriati per ridurre l’impatto anche sulle specie non-bersaglio.
Le linee guida delineano anche misure per conoscere meglio la localizzazione e lo status degli ecosistemi e delle risorse d’alto mare.

Un grosso passo avanti - La gestione della pesca in acque profonde d’alto mare, al di fuori delle zone economiche di competenza nazionale, è sempre stata difficile, poiché richiede soluzioni multilaterali che implicano il coinvolgimento non solo dei paesi le cui navi sono impegnate nella pesca, ma anche di altri paesi.

«Sinora non vi è stato un vero e proprio quadro di riferimento per affrontare queste questioni. Queste linee guida sono uno dei pochi strumenti pratici a nostra disposizione e rappresentano un grosso passo avanti in quanto affrontano in modo integrato le preoccupazioni di tipo ambientale e la gestione responsabile della pesca», ha dichiarato Ichiro Nomura, Vice Direttore Generale della FAO per il Dipartimento della Pesca e dell’Acquacoltura.

Habitat vulnerabili - Molte specie marine di acque profonde crescono lentamente, raggiungono tardi la maturità sessuale e non sempre riescono a riprodursi su base annuale. Di conseguenza, hanno una bassa resistenza alla pesca intensiva e per ricostituirsi dopo uno sfruttamento eccessivo a volte occorrono generazioni.

La pesca in acque profonde d’alto mare solleva inoltre gravi preoccupazioni per specie vulnerabili, come i coralli e le spugne d’acqua fredda, e per i fragili habitat di infiltrazioni e ventilazione dei fondali marini che ospitano specie uniche che non si trovano in nessun altro posto, e formazioni caratteristiche come i «i monti sottomarini», spesso dimora di specie sensibili.

Poiché la pesca in acque profonde è un’attività relativamente recente, che richiede considerevoli risorse in termini di investimenti e tecnologie, pochi paesi hanno sinora elaborato politiche e piani d’intervento su come gestirla persino nelle proprie acque territoriali.

* Hanno partecipato alla consultazione tecnica 69 paesi, l’Unione Europea e le isole Faroe oltre a 14 organizzazioni intergovernative e non-governative in qualità di osservatori. I lavori sono stati presieduti dalla Signora Jane Willing, direttrice delle Relazioni Internazionali del Ministero della Pesca della Nuova Zelanda.