10 ottobre 2024
Aggiornato 01:00
Sanità e pubblico impiego

Sandri su “premi” a DG ULSS Venete

«Dal prossimo anno si cambia: pochi obbiettivi e valutazione meritocratica. Fare paragoni con i fannulloni è puro populismo veterosovietico»

«Se i molti mass media che hanno trascorso ferragosto discettando sui ‘premi indiscriminati’ ai manager delle Ullss venete avessero avuto la pazienza di interpellarmi, come hanno fatto Arena e Gazzettino, avrebbero avuto la vera notizia: e cioè che dal prossimo anno si cambia, perché anch’io, che di mestiere faccio l’imprenditore, sono contrario a premi di produttività non perfettamente motivati e misurabili».

Lo sottolinea l’Assessore regionale alla sanità del Veneto, Sandro Sandri, in relazione alle polemiche nate sulla delibera che assegna i premi ai Dg per gli anni 2006 e 2007. «Prima di tutto – precisa Sandri – la somma è stata decurtata dal 20 al 13% proprio in considerazione del raggiungimento parziale degli obbiettivi, ma soprattutto ho già iniziato a ragionare con i Direttori stessi, che con molto senso dell’istituzione si sono subito dimostrati disponibili, dei cambiamenti da apportare sin dal prossimo anno. La prossima delibera sugli obbiettivi – annuncia Sandri – sarà molto diversa da quelle che si sono susseguite negli anni passati, sin dai tempi di Braghetto: conterrà pochi obbiettivi, ragionevolmente raggiungibili e facilmente misurabili. Sarà sulla base di questi che avverrà la valutazione dei Dg, con un sistema assolutamente meritocratico».

Sandri non manca di rispondere anche alla polemica del Consigliere regionale Nicola Atalmi: «rivolgersi al Ministro Brunetta paragonando di fatto i nostri Direttori Generali ai fannulloni che fanno i furbi con i cartellini testimonia una grave scelta di manipolare la realtà, facendo nient’altro che del populismo veterosovietico e, ancora una volta, proponendo alla gente un’immagine negativa e del tutto distorta di chi invece lavora, magari con alterne fortune, all’interno di un sistema, quello sanitario veneto, che l’Italia ci invidia e che l’Europa indica come modello».