Vacanze: è il souvenir del gusto il più gettonato del 2008
Il souvenir enogastronomico tipico del luogo di vacanza è stato il preferito dai turisti che hanno trascorso le ferie estive in Italia nel 2008
Il souvenir enogastronomico tipico del luogo di vacanza è stato il preferito dai turisti che hanno trascorso le ferie estive in Italia nel 2008. E' quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che il cibo e la buona cucina sono per quasi due italiani su tre (63 per cento) il simbolo del Made in Italy e battono la cultura e l'arte fermi al 24 per cento, la moda con l'8 per cento, la tecnologia (3 per cento) e lo sport (2 per cento) secondo un sondaggio on line sul sito della Coldiretti.
Le difficili condizioni economiche e la necessità di fare spese utili hanno favorito nei luoghi di vacanza l'acquito come ricordo dei prodotti alimentari tipici da consumare al ritorno a casa con parenti e amici. Dalla mozzarella di bufala in Campania al formaggio Asiago in Veneto, dal pecorino della Sardegna al prosciutto San Daniele nelle montagne del Friuli, dal vino Barolo del Piemonte alla Fontina in Valle d'Aosta, dal limoncello campano al Caciocavallo del Molise - sottolinea la Coldiretti - sono alcuni dei souvenir più richiesti dai turisti per portare un ricordo «appetitoso» dei luoghi di vacanza. Una tendenza in rapido sviluppo favorita - continua la Coldiretti - dal moltiplicarsi delle occasioni di valorizzazione dei prodotti locali che si è verificata nei principali luoghi di villeggiatura, con percorsi enogastronomici, città del gusto, feste e sagre di ogni tipo.
Il turismo enogastronomico vale infatti - continua la Coldiretti - cinque miliardi e si conferma il vero motore della vacanza Made in Italy che è l'unica nel mondo a poter offrire 172 prodotti a denominazione di origine protetta (Dop/Igp), 469 vini a denominazione Doc/Docg/Igt che vengono valorizzati durante l'estate nelle città del vino (546 comuni), dell'olio (284), del biologico (60) e del pane (42) o lungo le 135 strade del vino e dei sapori che percorrono praticamente tutto lo Stivale.
A questi si aggiungono ben 4.396 prodotti tradizionali regionali, un patrimonio che dall'estate 2008, grazie anche all'azione della Coldiretti, è stato dichiarato per decreto come espressione del patrimonio culturale italiano: d ai fagioli zolfini toscani al formaggio puzzone di Moena del Trentino, dai lampascioni sott'olio pugliesi al pane carasau della Sardegna, dalla grappa veneta alla porchetta di Ariccia nel Lazio.
E se i diciottomila agriturismi presenti lungo tutta la penisola sono i luoghi ideali dove riscoprire i sapori delle tradizioni, in Italia sono «aperti al pubblico» ben 57.530 frantoi, cantine, malghe e cascine dove è possibile comperare direttamente, secondo il rapporto dell'Osservatorio sulla vendita diretta delle aziende agricole promosso da Coldiretti. Per iniziativa della Fondazione Campagna Amica è attivo il portale www.campagnamica.it con un motore di ricerca che oltre a consentire di programmare la vacanza in agriturismo consente di individuare le aziende in ogni regione dove è possibile fare la spesa in fattoria.
Il prodotto tipico locale piace anche agli stranieri come dimostra una ricerca dell'Istituto Piepoli-Leonardo-Ice nella quale si evidenzia che a mantenere vivo il ricordo dell'Italia per quasi uno straniero su due (45 per cento) sono proprio il cibo e il vino Made in Italy. Ad essere particolarmente attratti dalle specialità alimentari Made in Italy sono nell'ordine i cittadini svedesi (70 per cento) e americani (58 per cento), mentre il gradimento è più basso per quelli cinesi (31 per cento) e per i russi (28 per cento) che preferiscono i prodotti della moda.
D'altra parte - continua la Coldiretti - la visita in Italia garantisce la possibilità di fare acquisti convenienti prodotti di grande fama all'estero dove spesso sono però commercializzati a prezzi molto più elevati con il rischio inoltre di imbattersi in falsi ed imitazioni di minore qualità. Infatti nelle vendite all'estero oltre all'aumento dei costi determinati dal trasporto si aggiungono spesso per i prodotti tipici - continua la Coldiretti - limitazioni quantitative e sanitarie all'export e dazi doganali che determinano la moltiplicazione dei prezzi.
Ad esempio - riferisce la Coldiretti - in Canada i prodotti esportati oltre i contingenti stabiliti sono gravati di dazi che per il formaggio Asiago arrivano al 250 per cento, in Giappone sono del 30 per cento per i vini e del 35 per cento per i formaggi, in Argentina c'è uno specifico dazio di un dollaro USA per ogni litro di olio di oliva, in Brasile viene applicato un dazio del 40 per cento sui vini liquorosi Made in Italy che in Egitto aumenta fino al tremila per cento e interessa tutti i vini, secondo una recente indagine del Ministero degli Affari esteri.
Non mancano peraltro - continua la Coldiretti - i Paesi dove alcune specialità alimentari nazionali non sono presenti per vincoli di natura sanitaria, motivi religiosi o difficoltà di natura burocratica amministrativa come in Cina dove solo recentemente si sta aprendo la possibilità di esportare prosciutti dall'Italia con il rischio elevato di trovare sul mercato prodotti di imitazione. Una possibilità che riguarda molti altri Paesi come dimostra il fatto che sul mercato globale si stima che sia falso un piatto italiano su tre e il fatturato dei prodotti Made in Italy taroccati raggiunge gli oltre 50 miliardi di euro.
La «pirateria agroalimentare» nel mondo utilizza infatti impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che richiamano al nostro Paese per alimenti che non hanno nulla a che fare con la realtà produttiva nazionale. Sono Parmigiano Reggiano e il Grana Padano i due prodotti tipici più imitati nel mondo che diventano Parmesao in Brasile, Regianito in Argentina, Reggiano e Parmesano in tutto il Sud America o Parmesan dagli Stati Uniti al Canada, dall'Australia fino al Giappone, ma anche «Grana Pardano», «Grana Padana» o «Grana Padona», solo per citare le più colorite e smaccate spuntate negli Stati Uniti. Ma – conclude la Coldiretti - molti altri sono i casi di «agropirateria» come l'Asiago e la Mortadella Bologna made in USA, la Robiola, il Gorgonzola e il Caciocavallo prodotti in Canada, il Salame Milano del Cile e il Provolone della Nuova Zelanda.Salame Cacciatori del Sud Africa.
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