Pallavolo, libri e buona condotta. La vita dietro le sbarre di Lorenzo Manavella
Due anni fa un terribile e orribile pluriomicidio: per la droga, uccide zia e nonni. Il ragazzo (25 anni) è oggi in carcere ad Alessandria. Ha coscienza di quanto fatto. Deve scontare l'ergastolo
BIELLA - Studia, segue le regole del carcere di Alessandria. Ha un'ottima condotta. La vita dietro le sbarre del carcere sembra abbia fatto maturare Lorenzo Manavella, il 25enne che il 16 maggio di due anni fa ha ucciso la zia Patrizia, 56 anni, e i nonni Tullio, 86 e Giuseppina Manavella, per tutti Pina di 78, nella villetta di via Marconi a Santhià, in provincia di Vercelli e poi, dopo essere fuggito per un intero giorno, si è costituito a Venezia.
La condanna
Dopo il dispositivo definitivo che lo ha condannato all'ergastolo, il giovane ospitato nel carcere di Alessandria sembra aver iniziato una nuova vita. Ma soprattutto ha iniziato a gestirsi da solo, a far qualche lavoretto nel piano della casa circondariale, ad acquistare i prodotti dalla farmacia interna per la celiachia da cui è affetto da quando è bambino. Fino a qualche tempo fa ci aveva pensato la mamma Donatella: ora invece, Lorenzo, che per tutti sta tenendo con una condotta invidiabile, sta diventando autonomo. Non solo. Vorrebbe tornare a giocare a pallavolo, o almeno a fare sport, magari iniziare un corso di giardinaggio. E soprattutto sta imparando a convivere con quello che ora riconosce come un grave errore che, oltre ad uccidere i suoi nonni e sua zia, ha ucciso anche un po' se stesso.
La notte dell'orrore
Quella notte, secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti voleva del crack, cercava soldi. Ha dato vita a una mattanza, sterminando la sua famiglia. Prima la zia Patrizia, impiegata in banca. «Era sul divano: non mi ha sentito, l’ho colpita più volte con un coltello mentre lei chiedeva aiuto. Poi l’ho spostata sul letto e coperta con un lenzuolo». Poi è uscito, è andato a Torino, è tornato indietro e, sempre nella stessa casa, ha ammazzato i nonni. La Corte d’assise di appello di Torino lo ha condannato all’ergastolo per quelle morti così. Era la sera del 16 maggio di due anni fa. Alle 22,30 Manavella, figlio di un famoso pallavolist,il padre Gianluca è stato alzatore del Volley Novara a cavallo tra Anni Ottanta e Novanta e coach della stessa società fino al giugno 2010, ma ha anche giocato e allenato a Santhià, Biella e in molte piazze importanti, entra nella villetta dove abitano i nonni, in via Marconi a Santhià. Probabilmente è sotto l’effetto di un mix di crack e cocaina. Trova la zia sul divano e la uccide a pugni e coltellate. Quindi se ne va, dimenticando le chiavi di casa, diretto a Torino. Il suo telefono aggancia una cella vicino a Porta Nuova. Secondo gli investigatori acquista della droga e poi rientra a Santhià. Ha bisogno di soldi. Torna a casa dei nonni ma non ha più le chiavi. Prende una scala, cerca di forzare una finestra. Il rumore sveglia suo nonno, che si alza dal letto. Manavella gli fracassa la testa con un vaso. Quindi uccide la nonna, invalida e bloccata a letto, usando lo stesso coltello con cui ha massacrato la zia. Prova ad aprire la cassaforte, non ci riesce, e scappa. I carabinieri lo trovano a Venezia. In tasca ha 300 euro. L’accusa nei suoi confronti è gravissima: omicidio pluriaggravato, a scopo di rapina, aggravato dal grado di parentela con le vittime e dalla crudeltà. Per un'intera giornata vaga da una stazione all'altra, fino ad arrivare a Venezia. Dove decide di costituirsi e confessare, nei dettagli, il triplice omicidio: «Li ho uccisi io. Tutti e tre. Per soldi». Secondo lo psichiatra Franco Freilone, cui viene affidata una perizia, Manavella quando uccise era capace di intendere e volere. Per questo viene condannato all’ergastolo e trasferito dal carcere di Biella a quello di Alessandria. Dove ora sta cercando di ricominciare una nuova vita.