28 marzo 2024
Aggiornato 20:00
In vigore le annunciate linee-guida della CEI

Pedofilia: CEI, non c'è obbligo di denuncia

«Il Vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio, non ha l'obbligo giuridico di denunciare all'autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto». Nell'ultimo decennio 135 preti accusati, 77 giunti a Magistratura

CITTÀ DEL VATICANO - Entrano in vigore, senza alcuna sorpresa, le annunciate linee-guida della Cei «per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici» richieste dalla Santa Sede ad ogni episcopato mondiale.

Come ampiamente previsto, il documento stabilisce che «il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio, non ha l'obbligo giuridico di denunciare all'autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto» in merito ad abusi sessuali compiuti da sacerdoti su minori. Tuttavia è «importante la cooperazione del vescovo con le autorità civili, nell'ambito delle rispettive competenze e nel rispetto della normativa concordataria civile». Una linea giurisprudenziale che non prende in considerazione la fattispecie del favoreggiamento della pedofilia e che venne preannunciata nel maggio del 2010, quando il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, spiegò che «la normativa italiana non prevede l'obbligo di denuncia in questi casi».

Le linee-guida - una decina di cartelle - espongono la procedura della prima «accurata ponderazione circa la verosimiglianza» delle notizie sugli abusi sessuali compiuti da un sacerdote su un minore, poi la «indagine previa» e il successivo procedimento canonico. «E' opportuno che una documentazione del caso rimanga nell'archivio segreto della Curia». Nel secondo capitolo le linee-guida affrontano il tema dei «rapporti con l'autorità civile». Oltre all'assenza di un obbligo di denuncia, il documento Cei prevede che, in forza del codice penale italiano (articoli 200 e 256) e della revisione del Concordato (articolo 2), «i vescovi sono esonerati dall'obbligo di deporre o di esibire documenti in merito a quanto conosciuto o detenuto per ragione del proprio ministero». Le linee-guida si concludono precisando che «ferma restando la competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede, la procedura relativa ai singoli casi è di competenza del Vescovo del luogo ove i fatti stessi sono stati commessi. Nessuna responsabilità, diretta o indiretta, per gli eventuali abusi sussiste in capo alla Santa Sede o alla Conferenza Episcopale Italiana».

Le linee-guida contro la pedofilia erano state chieste dalla Santa Sede a tutti gli episcopati mondiali, con una lettera circolare del maggio 2011, successiva allo scoppio dello scandalo nel 2010 e il 'giro di vite' della normativa canonica voluta dal Papa. Era proprio il maggio di quest'anno la scadenza e il documento italiano, elaborato nei mesi scorsi e presentato ai vescovi riuniti in questi giorni nell'assemblea episcopale di primavera, ha già fatto «un passaggio informale ma autorevole» dalla Congregazione vaticana per la Dottrina della fede, che «ha preso atto che la Conferenza episcopale italiana ha recepito debitamente» le indicazioni vaticane, ha riferito in conferenza stampa il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata.

«Il triste e grave fenomeno degli abusi sessuali nei confronti di minori da parte di chierici sollecita un rinnovato impegno da parte della comunità ecclesiale, chiamata ad affrontare la questione con spirito di giustizia, in conformità alle presenti Linee guida», è l'esordio del documento, secondo il quale «assume importanza fondamentale anzitutto la protezione dei minori, la premura verso le vittime degli abusi e la formazione dei futuri sacerdoti e religiosi».

Le linee-guida non recepiscono, peraltro, una serie di indicazioni elencate nella circolare vaticana. Tra l'altro, quel documento raccomandava che «le autorità ecclesiastiche si impegnino ad offrire assistenza spirituale e psicologica alle vittime»; sottolineava la necessità di riservare «una diligenza particolare» al «doveroso scambio d'informazioni in merito a quei candidati al sacerdozio o alla vita religiosa che si trasferiscono da un seminario all'altro, tra diocesi diverse o tra Istituti religiosi e diocesi»; sottolineava l'esistenza di programmi educativi in ambito ecclesiale «di prevenzione, per assicurare 'ambienti sicuri' per i minori»; ricordava che il Papa ha incontrato diverse vittime di preti pedofili e sottolineava che «la Chiesa, nella persona del Vescovo o di un suo delegato, deve mostrarsi pronta ad ascoltare le vittime ed i loro familiari e ad impegnarsi per la loro assistenza spirituale e psicologica». L'ascolto delle vittime e un «più rigoroso percorso formativo dei sacerdoti» erano peraltro presenti, a quanto si apprese, nella bozza delle linee-guida approvate oggi.

In conferenza stampa, monsignor Crociata ha peraltro reso noto, per la prima volta, un dato preciso di abusi sessuali emersi nel decennio che va dal 2000 al 2010, ricavato da una «ricognizione» compiuta presso le diocesi italiane nel corso degli ultimi anni. Sono 135 i casi «non solo verificatisi, ma emersi» nel corso del decennio, ha riferito in una conferenza stampa dell'assemblea di primavera della Cei. La cifra è relativa al numero di sacerdoti accusati, non al numero di abusi compiuti. Rispondendo alle domande dei giornalisti, il presule ha precisato che 135 sono i sacerdoti segnalati alla congregazione per la Dottrina della fede, il dicastero vaticano responsabile del 'dossier' pedofilia, mentre alla magistratura italiana sono stati denunciati 77 sacerdoti. Sul complessivo numero di 135, la congregazione della Santa Sede è giunta a 53 condanne e 4 assoluzioni, mentre i restanti 78 casi sono in istruttoria. Sulle 77 denunce giunte alla giustizia italiana, 22 preti sono stati condannati in primo grado, 17 in secondo grado, 21 hanno patteggiato, 5 sono stati assolti, 12 archiviati.