Nonno Vasco si racconta tra Renzi e Live Kom 014
Il Komandante parla di sé, di politica e del nuovo tour sul numero di Vanity Fair in edicola domani. E dice: «L'anello? Non lo metto ma lo porto sempre con me»
MILANO - Il Komandante non si smentisce mai: mito era e mito rimane. Sul nuovo numero di "Vanity Fair" in edicola domani (lo vediamo in copertina in grandissima forma) Vasco si racconta a tutto tondo: parla del tour «Live Kom 014», di politica e di Renzi. L'ultima volta che "Vanity Fair" gli aveva dedicato una copertina è stato tre anni fa, quando stava uscendo da una brutta malattia che gli era costata cara: aveva rischiato di morire per un'infezione, due anni prima di rimettersi completamente e poter tornare sul palco la scorsa estate, da re indiscusso del rock italiano.
«HO L'ANELLOFOBIA» - Vasco che intanto ha convolato con la storica compagna Laura Schmidt, due anni fa. «L'ho fatto per metterla tranquilla, per motivi burocratici, perché bisogna far così. La fede non la porto, ma solo perché ho il terrore degli anelli». E sulla famosa questione dell'"anellofobia" dice che è tutto vero. «Colpa di un racconto che mi fece mio padre quando ero piccolo. Mi disse che un tizio si era strappato un dito saltando giù da un camion perché l'anello era rimasto impigliato da qualche parte». Ma il suo cuore tenero si rivela subito: «Comunque la fede la porto sempre con me in una borsina, il mio portafortuna» assicura.
«RENZI SI MUOVE BENE» - Più di 3 milioni e 800 mila fan su Facebook e oltre 518 mila su Twitter, quasi i numeri per fondare un movimento. «In Italia bisognerebbe cambiare praticamente tutto – continua Vasco – intanto la burocrazia: farraginosa, costosa e inefficiente. Renzi ci sta già lavorando su. Si muove bene, sa comunicare, ha portato in politica una generazione di giovani. Sono contento che stia cercando di dare una sterzata, anche se ho il dubbio che siamo al punto in cui la macchina va fuori strada comunque». Poi abbiamo il problema della giustizia: da noi «i processi sono troppo lenti. Un Paese dove la giustizia non funziona è nelle mani della malavita».
IL NUOVO TOUR - A 62 anni nonno Vasco (un mese fa è nato il suo primo nipotino Romeo) torna sul palco con sette concerti, tre nella capitale al Flaminio e quattro a Milano: 400 mila spettatori, a distanza di 24 anni dalla sua prima volta in uno stadio: San Siro. «All'epoca, una mezza follia. A quei tempi, gli stadi li facevano solo gli stranieri, noi italiani suonavamo nelle grandi discoteche o alle feste dell'Unità. Alla fine degli anni Ottanta ricordo che feci 15 mila persone a Reggio Emilia. Pensavo di aver raggiunto il massimo».
«SPERO ANCH'IO CHE MI VENGA UN ICTUS» - E sui commenti in Rete racconta: «Fino a due o tre anni fa non mi ero mica accorto che sotto i video di YouTube c'erano i commenti. Un giorno, leggo: 'Spero che ti venga un ictus vecchio drogato di merda'. Non c'ho dormito una notte. Poi mi sono detto: vecchio, beh, non posso certo dire di essere giovane. Drogato lo ero vent'anni fa, se lo ero, perché sono sempre stato un tossico indipendente, nel senso che l'eroina non l'ho mai toccata. Diciamo che ho fatto le mie esperienze, non me ne vanto, ma neanche me ne vergogno. Quanto all'ictus, anch'io spero che mi venga».