«Beautiful Men», le drag queen di Marcello Bonfanti
Fino al 31 maggio al Made for Love di Torino gli scatti di un artista che ha saputo raccontare, con delicatezza e orgoglio, l'affermazione di un'identità di genere che non ha nulla a che vedere con quella biologica.
TORINO - Il racconto visivo di un viaggio in tre Paesi di tre continenti diversi, Cuba, Cina e Tonga, alla scoperta intima di una dinamica universale: l'affermazione di un'identità di genere diversa da quella biologica. C'è tempo ancora fino al 31 maggio per visitare la mostra «Beautiful Men» del fotografo Marcello Bonfanti, allestita presso gli spazi dell’associazione culturale Made for Love di Torino.
UN VIAGGIO TRA CUBA, CINA E TONGA - Il viaggio comincia a Cuba, nelle stanze segrete di San Isidro, quartiere popolare dell'Avana dove di notte gli uomini, come crisalidi, si trasformano in donne e si esibiscono in spettacoli clandestini di cabaret per pochi, in location segrete decise di volta in volta, al riparo dalla repressione di stato (in atto nel 2004, quando sono state scattate le foto) e dalla cultura machista. Gli scatti si spostano poi in Cina, infilandosi nei backstage dei cabaret gay di Pechino, dove alcuni gruppi di drag queen sono usciti allo scoperto dopo aver segretamente mantenuto in vita per decenni una secolare tradizione, quella dell'interpretazione di ruoli femminili da parte di uomini, nata col teatro dell'opera cinese e soppressa da Mao. Infine, il percorso indaga la secolare tradizione dei Fakaleiti polinesiani, considerati il terzo sesso delle Isole Tonga. I Fakaleiti sono uomini cresciuti come donne per scelta loro o delle loro famiglie, sono integrati e rispettati dalla società tongana e svolgono il compito di valletti presso la famiglia reale. Una pratica usata per soddisfare le spontanee inclinazioni del bambino, o l'esigenza di una figlia femmina all'interno di una famiglia di soli maschi.
TRAVESTIRSI PER AFFERMARSI - Le convenzioni vacillano: la psiche prevale sulla biologia e trasforma il maschile in femminile. Un processo in cui il corpo diventa incongruente rispetto alla mente. Qui, l'abito non ha solo un senso pratico ed estetico, ma diventa simbolo di affermazione identitaria. La norma biologica viene messa in dubbio da queste immagini che la fanno apparire come una semplice aspettativa e non come qualcosa di universalmente valido. Di universale c'è solo una dinamica che si manifesta in tutte le parti del mondo, attingendo ai simboli, all'estetica, alle tradizioni e alla cultura del luogo. Cultura che a volte reprime, a volte nasconde, a volte accetta ed integra.
IDENTITÀ TORMENTATE - L'intensità di queste foto nasce da un profondo studio della storia della pittura. La composizione rinascimentale e l'impianto di luci spesso barocco staccano le figure dal contesto, le nobilitano e sottolineano l'identità dei personaggi. Un'identità spesso sofferta, stridente, tormentata e alla ricerca di affermazione tramite l'accurata costruzione di una bellezza esteriore, che cancella il sé di partenza. L'artista usa l'immediatezza della fotografia per raccontare la gioia che segue il dolore della metamorfosi, la leggerezza dell'apparire che cancella la pesantezza dell'introspezione. Le immagini contengono una dualità spesso contraddittoria, che anche in tanti altri settori caratterizza il genere umano, contraddizione che lo sguardo di Bonfanti ha saputo catturare e riportare con sensibilità e rispetto.
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