19 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Calcio

Di Gennaro sul Milan: “E’ una squadra debole tecnicamente e mentalmente”

L’ex calciatore analizza i motivi dell’ennesima stagione fallimentare della squadra rossonera

MILANO -  Il Milan chiude la terza, forse quarta, stagione al di sotto del suo blasone ed ogni anno sembra regredire come valori, come forza e ovviamente come risultati. Ai nastri di partenza delle prossime coppe europee non ci sarà il Milan per la terza volta consecutiva, un’onta insopportabile per un club che solo otto anni fa partecipava alla Coppa Uefa come prima nel ranking, con un vantaggio quasi offensivo nei confronti delle altre; oggi quell’etichetta non esiste più, il Milan galleggia a metà classifica in serie A e non mette il naso fuori dai confini italiani da ormai tre anni, creando sgomento fra i tifosi rossoneri, incredulità e confusione in quelli delle altre nazioni europee; da Amsterdam a Madrid, l’interrogativo quando un italiano va all’estero è sempre lo stesso: «Che fine ha fatto il Milan?». Già, che fine ha fatto? O per meglio dire: come ha fatto a ridursi così? Prova a rispondere Antonio Di Gennaro, ex calciatore di Verona e Bari negli anni ottanta, nonché assistente di Fatih Terim nella breve avventura del tecnico turco a Milanello nel 2001, ed oggi apprezzato opinionista televisivo: «Al Milan manca personalità - sostiene Di Gennaro - e manca gente che sappia cosa voglia dire indossare la maglia rossonera e che sia in grado di comunicarlo agli altri. Il Milan, oltre ad essere una formazione tecnicamente poco valida, è pure debole a livello di testa, alcuni calciatori si sentono anche bravi ma vanno trascinati, hanno poco carisma e nei momenti difficili tendono a nascondersi. L’addio di Abbiati, in questo senso, non aiuta». Tutto nasce, ovviamente, dalla sgangherata gestione societaria degli ultimi quattro anni, in cui il Milan è passato da società modello da imitare a società modello da non imitare, commettendo tutti gli errori possibili e immaginabili sia in sede di calciomercato, sia come comunicazione che come organizzazione dirigenziale. E le cose non sembrano poter (e voler) cambiare rotta: dopo il comico esonero di Mihajlovic e l’arrivo in pompa magna di Brocchi, Berlusconi è già orientato verso un nuovo cambio di guida tecnica, come se la collezione di trofei accumulata dal Milan in tutti questi anni fosse compensata ora con una triste collezione di allenatori, e non è esattamente lo stesso. Se il Milan non cambierà proprietà presto, prestissimo, il baratro si allargherà ancora e i rossoneri vi resteranno intrappolati col rischio di non uscirne mai più.