19 marzo 2024
Aggiornato 11:30
L'intervista

Grimoldi: «Salvini è il leader del centrodestra, ma gli alleati non lo ascoltano abbastanza»

Paolo Grimoldi, deputato e segretario regionale in Lombardia della Lega, fa il punto al DiariodelWeb.it sulla situazione del centrodestra dopo le elezioni regionali

Antonio Tajani, Matteo Salvini e Giorgia Meloni durante una manifestazione del centrodestra
Antonio Tajani, Matteo Salvini e Giorgia Meloni durante una manifestazione del centrodestra Foto: Giuseppe Lami ANSA

Nonostante un esito numerico tutt'altro che negativo, dopo le ultime elezioni regionali nel centrodestra si è aperta una fase di malumori interni, di veleni, quando non addirittura di aperte polemiche. Tra i vertici dei partiti alleati sono volate accuse reciproche: Matteo Salvini ha sostenuto che Fratelli d'Italia e Forza Italia abbiano puntato su candidati deboli, Giorgia Meloni e diversi forzisti hanno ribattuto che il Capitano abbia pensato più al bene della Lega che a quello della coalizione.

Insomma, sembra un paradosso, ma pur essendo la forza prevalente nel Paese, il centrodestra appare nuovamente disunito, litigioso e forse addirittura incapace di rappresentare al momento una reale alternativa di governo. Per fare il punto sui venti che agitano l'alleanza, il DiariodelWeb.it ha interpellato Paolo Grimoldi, deputato e segretario regionale in Lombardia della Lega.

Onorevole Paolo Grimoldi, che centrodestra è uscito dalle ultime elezioni regionali?
Un centrodestra che rappresenta, evidentemente, la stragrande maggioranza nel Paese.

Ma esiste un problema di unità programmatica e progettuale della coalizione?
Non vedo particolari problemi. Ci siamo presentati alle ultime elezioni politiche con un programma condiviso. Ovviamente esistono delle differenze, altrimenti saremmo un partito unico, ma sono molto minori rispetto a quello che ci accomuna.

Eppure tra i vostri alleati c'è chi ha iniziato a muovere delle critiche a Salvini, da Brunetta a Toti.
Alcune critiche sono costruttive e aiutano a migliorare, e allora le raccolgo e le apprezzo. Altre, invece, quelle di chi brontola a prescindere perché è arrabbiato dalla mattina alla sera con il mondo, lasciano il tempo che trovano. Non è una grande novità che Brunetta critichi Salvini: lo fa da sette-otto anni.

L'accusa verso Salvini è che agisca troppo da leader di partito e troppo poco da leader di coalizione.
Questo tema esiste dal 1994, da quando è nata la coalizione di centrodestra. Ma alla fine la sintesi, come la politica esige, l'hanno sempre fatta i numeri. Chi arriva primo e ha il maggior consenso è il leader, e oggi è inconfutabile che questa figura sia Matteo Salvini. Nessuno sostiene che sia perfetto, ma io ad oggi non vedo nessun altro leader possibile nella compagine.

Ma, al di là dei numeri che sono indiscutibili, il suo è davvero l'atteggiamento di un federatore?
Io l'ho visto sul palco che perorava il ritorno al governo, appoggiava i sindaci presentati dalla coalizione, sosteneva a ripetizione nelle Regioni i candidati anche di partiti alleati come in Campania o in Puglia.

A proposito della Campania e della Puglia, però, lo stesso Salvini ha mosso anche lui delle critiche al resto della coalizione, sostenendo che «l'offerta politica non era all'altezza».
Questa domanda va parafrasata dal politichese stretto a una terminologia di più facile comprensione.

Cioè: i candidati erano sbagliati.
Bravo.

Quindi qualche problema interno, dopotutto, esiste.
Io faccio il segretario regionale. Quando mi siedo al tavolo con gli alleati non porto a casa il 100% dei candidati che vogliono: c'è una trattativa che dipende dalle sensibilità, dal radicamento sul territorio, dalle nostre basi, dalla storia delle amministrazioni locali. Nel momento in cui ce n'è uno che ritengo debole, ma che mi viene portato in palmo di mano dagli alleati, io lo ribadisco molte volte, ma se questi ostinatamente non cambiano idea, sono leale alla coalizione. Alle regionali si è dimostrato veritiero quello che Salvini ha sostenuto nei sei mesi precedenti. Se ci avessero ascoltato di più, probabilmente sarebbe andata ancora meglio.

Quindi la vera questione non è che Salvini non fa il leader della coalizione, ma che gli alleati non lo ascoltano abbastanza?
Questo è fuor di dubbio. È interesse anche nostro che i candidati siano forti e spendibili, anche quando appartengono ad altre forze alleate. Per questo Salvini ha posto il tema di scegliere candidati che siano anche sinonimo di entusiasmo, rinnovamento, novità. Non a caso i candidati perdenti, Fitto e Caldoro, sono stati anche quelli con legami molto forti con il passato.

Infatti Salvini ha proposto di candidare alle prossime comunali, compresa anche Milano che la riguarda direttamente, dei nomi anche esterni al partito, provenienti dalla famigerata società civile.
Il fatto che a Milano si voglia candidare un uomo della società civile lo leggo positivamente, ma l'aspetto più positivo sta a monte. Già in occasione di questa tornata elettorale, in molti Comuni più piccoli, si sono avvicinati al centrodestra le persone della società civile, che non avevano mai fatto politica: l'artigiano, il commerciante, il pensionato, la casalinga... Nel 50% dei casi questo dato riguarda le partite Iva: una risposta sociale alla disattenzione verso di loro da parte della compagine di governo.

Di questo progetto di riorganizzazione della Lega, con l'introduzione dei dipartimenti e di una leadership più collegiale, che opinione si è fatto?
Questa notizia ha avuto particolare eco a livello mediatico, ma da addetto ai lavori non mi ha stupito molto. C'è sempre stata una segreteria politica, semplicemente con il passare del tempo si è un po' sfilacciata perché i membri avevano assunto incarichi diversi. Salvini ha semplicemente rilanciato un organo che è sempre esistito al suo fianco: nessuna novità.

La spallata evocata al governo non si è concretizzata: adesso è difficile prevedere una fine della legislatura prima del 2023. Cosa deve fare il centrodestra nel frattempo?
Sono d'accordo con lei che a questo punto è probabile che si arrivi al 2023, soprattutto a seguito dell'esito del referendum. Ma dubito che possa rimanere in carica questo governo fino al 2023. Lo vedo troppo litigioso, incapace, inadeguato, senza visione economica, con poche idee e ben confuse.

Quindi quale governo alternativo ipotizza lei, a parità di parlamento?
Se dovessi scommettere un euro, l'ipotesi più semplice è quella del rimpasto, cambiando la compagine di governo con la medesima maggioranza, magari avvicendando alcuni ministri palesemente analfabeti con altro. Nell'interesse dell'Italia, sarebbe comunque un fatto positivo, perché l'attuale esecutivo non è strutturato per affrontare la sfida più dura di questo momento: quella economica. E lo sanno anche all'interno della stessa maggioranza, perché le critiche più severe ad alcuni ministri, ufficiali o ufficiose, arrivano proprio dai parlamentari del Pd. Che hanno idee diverse dalle mie, ma a differenza del M5s sono almeno capaci e competenti.

Quindi ci aspetta un governo più a trazione Pd che M5s?
Almeno con gente che sappia leggere e scrivere...