28 marzo 2024
Aggiornato 20:00
Giustizia

Scontri Casale San Nicola, Antonini (Casapound): «Condanne che sembrano prestabilite»

Il vicepresidente di Cpi commenta le condanna per i disordini avvenuti nel luglio di due anni durante la protesta contro l’apertura di un centro di accoglienza

Un fermo immagine dal video della Polizia di Stato sugli incidenti avvenuti il 17 luglio scorso in seguito al trasferimento di alcuni stranieri in un centro di accoglienza a Casale San Nicola, alla periferia di Roma
Un fermo immagine dal video della Polizia di Stato sugli incidenti avvenuti il 17 luglio scorso in seguito al trasferimento di alcuni stranieri in un centro di accoglienza a Casale San Nicola, alla periferia di Roma Foto: ANSA | Ufficio stampa Polizia di Stato ANSA

ROMA «Tutto lo svolgimento del processo è come se si fosse rivelato inutile: la tesi iniziale sembra essere stata portata avanti fino alla fine, come se non fossero stati prodotti gli atti o le stesse testimonianze degli operanti» sono le parole di Andrea Antonini, vicepresidente di Casapound, sulla condanna ai nove militanti dell’organizzazione per i disordini scoppiati nel luglio 2015 con pene che vanno da 2 anni e sette mesi a tre anni e sette mesi.

«Un processo allucinante» – Per giudicare le condanne occorre fare qualche passo indietro. Estate 2015: a rendere ancora più bollenti gli animi dei residenti di Casale San Nicola – zona nei pressi de La Storta, a nord di Roma – arriva la decisione di stanziare in una struttura un numero imprecisato di immigrati. Immediatamente i cittadini si mobilitano per protestare contro un insediamento che presenta aspetti poco trasparenti: tra i manifestanti, da subito, ci sono anche i militanti di Casapound. Eppure… «Nella prima ordinanza di custodia cautelare che è stata emessa – osserva Antonini – veniva offerta una ricostruzione dei fatti a dir poco allucinante tanto da arrivare a giustificare gli arresti, sostenendo come il nostro movimento si fosse infiltrato nelle proteste pacifiche dei cittadini che andavano avanti da mesi. Così – sempre secondo il pm Albamonte – all’arrivo dei pullman avevamo provato l’assalto ai pullman e la polizia si era frapposta, scatenando poi gli scontri».

Casapound con i cittadini – Nel corso del procedimento, però, sono state dimostrate altre cose: «Siamo riusciti a provare come la nostra presenza a Casale San Nicola in realtà risalisse a tre mesi prima del giorno degli scontri, ovvero dalle prime proteste del presidio, partecipando a tutte le attività del comitato. E su questo, come fa notare Antonini, ci sono anche le testimonianze della Digos, oltre a quelle dei residenti del quartiere: «In questo modo – sottolinea il vicepresidente di Casapound – la preordinazione di recarsi lì solo per far scoppiare gli incidenti, è caduta di fatto».

Il fulcro del processo – Ma c’è un altro aspetto molto importante su cui verte il dibattito che ha portato alle condanne dei militanti di destra: «Questo centro d’accoglienza, qualche mese dopo l’inizio del processo è stato chiuso con un’ordinanza prefettizia, seguito di una sentenza del Tar che stabiliva in modo incontrovertibile come tutti i lavori fossero stati eseguiti in assenza delle necessarie autorizzazioni». A Casale San Nicola, dunque, erano stati compiuti vari abusi nella struttura che avrebbe dovuto ospitare i migranti: «Su questi illeciti il prefetto di allora avrebbe dovuto vigilare all’atto del rilascio dell’ordinanza prefettizia che avrebbe poi fatto insediare i profughi. Doveva cioè verificare che tutti i requisiti del bando fossero rispettati». Non è un caso che proprio durante i tre mesi arrivò il sequestro della struttura, successivamente dissequestrata: » In ogni caso – secondo Antonini – è stata decretata l’assenza dei requisiti circa le condizioni per ospitarli. Quest’ordinanza prefettizia di installazione non è mai uscita fuori, agli atti del processo e reputiamo questa mancanza fondamentale, perché l'insediamento dei migranti sarebbe dovuto avvenire in presenza di un ordine scritto, cosa che invece manca agli atti del processo».

Processo prestabilito – Quel giorno, a Casale San Nicola, tutti quanti – residenti e militanti di varie organizzazioni – chiedevano l’esibizione dell’ordine del prefetto che stabiliva l'arrivo degli immigrati: «E nessuno l’ha mai esibito  - attacca il vicepresidente di Casapound – né sta agli atti del processo. Ecco perché a nostro avviso è come se tutto lo svolgimento del processo non ci fosse mai stato: la tesi iniziale – quella della colpevolezza dei nostri militanti – è quella che è stata portata avanti fino alla fine».