Terrorismo, un arresto e un'espulsione: «Cellula legata ad Amri»
La polizia di Brindisi ha concluso una complessa operazione antiterrorismo chiamata "Transito silente", che ha portato all'arresto di un congolese ritenuto parte di una cellula salafita operante a Berlino
ROMA - La polizia di Brindisi ha concluso una complessa operazione antiterrorismo chiamata «Transito silente»: le indagini - condotte dalla Digos della Questura di Brindisi, sotto la direzione della Procura presso la Dda di Lecce e della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo - hanno portato all'arresto del 27enne congolese Lutumba Nkanga, residente in Germania, già ospite del Centro permanenza per rifugiati di Restinco (Brindisi), in quanto ritenuto parte di una cellula salafita operante a Berlino. È accusato di associazione con finalità di terrorismo internazionale.
L'ideologia dell'Isis
I poliziotti della Digos di Brindisi hanno accertato la totale adesione all'ideologia dello Stato Islamico del 27enne e di un altro membro della cellula residente a Berlino, il 22enne Soufiane Amri, marocchino, espulso dall'Italia. Quest'ultimo, peraltro, è risultato essere in contatto con il tunisino Anis Amri autore dell'attentato al mercatino di Natale a Berlino lo scorso 19 dicembre 2016. Le attività tecniche hanno permesso di riscontrare il loro percorso di radicalizzazione religiosa e la disponibilità al compimento di atti violenti, anche con il sacrificio personale, in diversi scenari operativi.
Le indagini
Le indagini - sviluppate con il coordinamento del Servizio Centrale Antiterrorismo della DCPP/UCIGOS e il supporto del Servizio Cooperazione Internazionale di polizia, che ha in particolare assicurato il raccordo con le autorità tedesche - hanno tra l'altro consentito di individuare e neutralizzare le progettualità della cellula composta da 11 membri. Da questo momento in poi sono state attivate articolate e complesse attività investigative, coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia ed Antiterrorismo di Lecce, proseguite in un clima di assoluto riserbo per non comprometterne i delicati esiti investigativi ed estese in ambito internazionale, anche con l'inoltro di commissioni rogatorie, grazie al supporto del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia.
Cellula salafita
Il gruppo di lavoro investigativo appositamente costituito nella DIGOS di Brindisi è riuscito quindi a individuare 11 componenti della «cellula salafita» di cui facevano parte i due: si trattava di un gruppo estremamente variegato formato da militanti tutti residenti in Germania, di età compresa fra i venti ed i trenta anni, con identici percorsi di radicalizzazione. Il 19 gennaio tutti i membri del gruppo sono stati denunciati alla Dda di Lecce per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale. A Nkanga e Amri sono state contestate le condotte di partecipazione, messa a disposizione e finanziamento dell'Isis tramite raccolta di denaro in Germania.
Modalità operative
Il gruppo voleva raggiungere il teatro siro-iracheno e si era tatticamente frazionato in più parti, individuando almeno due itinerari ritenuti sicuri: il primo, affrontato da Lutumba e Soufiane, concerneva la rotta mediterranea (Germania-Italia-Grecia-Turchia), il secondo quella balcanica (Germania-Austria-Ungheria-Serbia-Croazia-Macedonia-Grecia-Turchia ). Lungo questo tragitto il 4 dicembre 2016 sono stati identificati al valico di frontiera di Bajakovo, fra Croazia e Serbia, 3 membri della cellula (Emrah Civelek, Feysel Hermann, Husan Saed Hussein) mentre viaggiavano a bordo di un'Audi A6. Uno di essi (Hermann) era destinatario di un provvedimento di divieto di espatrio adottato dalle autorità tedesche analogo a quello che pendeva nei confronti di Soufiane Amri, mentre un altro membro del gruppo, Emrah Civelek, tassista a Berlino, risultava tra i responsabili del centro islamico berlinese «Fussilet 33», anch'egli radicalizzato ed aderente al progetto di distribuzione del corano chiamato «Lies».
Intercettazioni
La sequenza di messaggi scambiata tra gli indagati, ricostruita dagli investigatori della DIGOS, testimonia la capacità militare e l'organizzazione della cellula. Nkanga, in particolare, si è dimostrato prodigo nel dispensare indicazioni ai suoi compagni finalizzate a dissimulare il loro aspetto fisico, eliminando ogni riferimento religioso di tipo radicale, come la barba o elementi del vestiario. Questi alcuni stralci dei dialoghi intercettati tra Lutumba Nkanga, durante la sua permanenza al CPR di Restinco, e parte del gruppo che percorreva la tratta balcanica: «Un fratello è stato preso»; «Assalam Alaikum Akhi dì alle Barbe devono via, dice il fratello, sta diventando troppo pericoloso»; «Del secondo gruppo uno è stato preso'; "Hanno controllato il secondo gruppo, uno non è riuscito a proseguire, al resto non è successo niente»; «Sì, Achi (caro), tutto bene, adesso fai attenzione veramente, andate da dietro, così che nessuno vi noti. Credimi questi porci vi stanno alle costole». Lo scorso 31 gennaio le autorità tedesche - sulla base dei numerosi elementi indiziari forniti dalla Dda di Lecce incrociati con le risultanze investigative scaturite dalle indagini condotte in Germania - hanno proceduto al fermo di Soufiane Amri, Civelek Emrah, Korkmaz Resul e di altri membri del gruppo individuato grazie al lavoro della Digos di Brindisi nonchè alla chiusura della moschea «Fussilet 33», acquisendo importanti riscontri che profilavano l'eventualità di attentati suicidi da parte degli soggetti arrestati.
I contatti con Amri
Dalle analisi svolte sui dati di traffico telefonico e sulle tracce informatiche sono emerse relazioni fra alcuni membri della cellula ed il responsabile dell'attentato al mercatino di Natale a Berlino del 19 dicembre scorso, il tunisino Anis Amri, risultato tra i contatti "social" di Soufiane Amri e frequentante i luoghi di dimora abituale di Lutumba e dello stesso Soufiane Amri (il quartiere berlinese di Moabit). La moschea berlinese di Fussilet 33, dove gravitava l'intera cellula, è inoltre quella dove Anis Amri è stato individuato subito dopo l'attentato a Breitscheidplatz.
Radicalizzazione
Il percorso di radicalizzazione religiosa, indirizzato probabilmente verso le più estreme conseguenze, è testimoniato dal recupero di circa un migliaio tra foto e filmati presenti nella memoria dei «devices» sequestrati a Lutumba, nonché dai messaggi scambiati fra i membri del gruppo su social e chat, compreso «Telegram», prevalentemente impiegato per le interazioni con l'agenzia di comunicazione dello Stato Islamico «Amaq». Non sono emersi elementi che facciano ritenere che Lutumba o gli altri membri della cellula avessero in progetto di compiere atti terroristici in Italia.
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