29 marzo 2024
Aggiornato 06:00
La leader di FdI scrive al Giornale

Meloni: vi spiego perché sono contraria alle pensioni d'oro

In una lettera al Giornale, Giorgia Meloni spiega perché è contraria alle pensioni d'oro, e favorevole ad applicarvi un tetto. Nel rispetto di un'idea di società meritocratica e liberale

ROMA - Che Giorgia Meloni sia contro le pensioni d'oro non è affatto una novità. La leader di FdI ha fatto di questa battaglia un fiore all'occhiello del suo programma, e ora spiega il perché. In una lettera al Giornale, infatti, Meloni chiarisce l'origine della sua posizione, a commento di un pezzo apparso sul quotidiano diretto da Sallusti, piuttosto critico sulla recente sentenza della Corte Costituzionale che dichiara legittimi i prelievi di solidarietà sulle pensioni superiori ai 91 mila euro. Il Giornale definisce tale provvedimento una «rapina», un «colpo al ceto medio» e un tentativo di «punire i ricchi», visione da cui però Giorgia Meloni si permette di dissentire.

Punire i ricchi?
Perché è vero che la leader di FdI si è sempre spesa per arginare il fenomeno delle pensioni d'oro, ma non l'ha fatto di certo nell'ottica di «punire i ricchi» o «penalizzare il ceto medio». Giorgia chiarisce di non essere mossa da alcun «retropensiero ugualitaristico», ma, piuttosto, da una concezione «liberale e meritocratica» dello Stato. 

Questione di meritocrazia
Le pensioni d’oro - spiega la Meloni - in Italia sono, per la quasi totalità, figlie di privilegi normativi, non del merito, sono pertanto riconducibili alla categoria della «rendita» più che a quelle del giusto profitto e del giusto riconoscimento del valore di chi le percepisce. La società liberale a cui la leader di FdI si ispira è una società che premia chi vale di più, premia il meritevole, premia l’imprenditore coraggioso, ma non consente rendite di posizione immeritate. Invece, spiega Meloni, le attuali pensioni d’oro sono calcolate con il metodo retributivo, «sarebbe a dire che l’assegno erogato non dipende dai contributi effettivamente versati nell’arco della vita lavorativa, ma dipende da norme che prescindono dall’equilibrio del dare e avere».

Basta privilegi
Si tratterebbe, in pratica, di un privilegio riservato solo ad alcuni, da cui le giovani generazioni sono chiaramente escluse visto che per loro si applica il metodo contributivo senza sconto alcuno. Il loro destino è quello di andare in pensione - sempre che riusciranno a farlo - dopo i 70 anni, con un assegno calcolato su quanto effettivamente versato, per molti questo assegno sarà di poche centinaia di euro. «È per questo motivo», spiega Meloni, "che nella proposta di legge che ho presentato alla Camera chiedevo il ricalcolo con il metodo contributivo della parte eccedente i 5mila euro mensili: se hai pagato i contributi, nulla quaestio, ma se i contributi non li hai pagati, allora la parte eccedente te la taglio. Questa era, a mio avviso, una proposta meritocratica e liberale».

Una proposta liberale
Proposta alla quale l'Inps ha risposto di non essere in grado di fare questo ricalcolo: «una cosa vergognosa e indegna di una nazione evoluta», commenta la leader di FdI. Motivo per cui bisogna ripiegare su "una proposta alternativa": un tetto ai vitalizi e alle pensioni d'oro pari a 20 volte la pensione sociale. Perché «se un pensionato può vivere con 480 euro al mese, si potrà probabilmente vivere dignitosamente pure con 9.600 euro lordi al mese, pari a più di 5 mila euro netti». «Se poi qualcuno decidesse finalmente di alzare le pensioni minime, si alzerebbe anche il tetto delle pensioni più elevate». Una proposta per Giorgia Meloni «equa, di buon senso, e soprattutto liberale».