Omicidi Sibartide, piccolo Cocò usato come scudo dal nonno
Sono stati arrestati dai carabinieri del Ros gli autori dell'omicidio del piccolo Nicola 'Coco' Campolongo, il bambino di tre anni ucciso e bruciato in auto a Cassano Jonico, insieme al nonno e alla compagna
ROMA - Sono stati arrestati dai carabinieri del Ros gli autori dell'omicidio del piccolo Nicola 'Coco' Campolongo, il bambino di tre anni ucciso e bruciato in auto a Cassano Jonico, insieme al nonno e alla compagna, il 16 gennaio del 2014. L'efferato omicidio commosse l'Italia e Papa Francesco che nell'Angelus in piazza San Pietro, il 26 gennaio del 2014, aveva rivolto un pensiero e una preghiera alla giovanisima vittima.
Triplice omicidio e distruzione di cadavere
I due arrestati sono Cosimo Donato, il 'Topo', e Faustino Campilongo, detto 'Panzetta'. Entrambi sono indagati per triplice omicidio e distruzione di cadavere. Le altre due vittime, sono il nonno, Giuseppe Iannicelli e la compagna di quest'ultimo Ibtisssam Touss, di 28 anni. Il triplice omicidio è il risultato di un regolamento di conti all'interno della criminalità organizzata della Sibartide. Iannicelli, il nonno della piccola vittima, era da tempo inserito nel mondo dello spaccio di droga, dapprima con la cosca 'ndranghetistica degli Abbruzzesi e successivamente con il clan rivale dei Forastefano.
Contrasti
Dalle indagini dei carabinieri e della procura distrettuale antimafia di Catanzaro è emerso che Iannicelli fosse entrato in contrasto proprio per la sua attività criminale con gli Abbruzzese, sin dai tempi della faida di Cassano (2003-2004). Il dissidio si era acuito dopo la diffusione della notizia che l'uomo sarebbe stato sul punto di diventare collaboratore di giustizia e per il fatto che Iannicelli si sarebbe creato un canale autonomo nell'approviggionamento di droga che avrebbe compromesso il monopolio nell'area i inflenza del cosiddetto 'clan degli zingari'.
Progetto di omicidio
Da qui il progetto di omicidio. «Iannicelli e le atre due vittime furono attirate in una trappola», ha detto il procuratore di catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo. Iannicelli portava sempre con sè il piccolo Coco' «come se fosse una polizza» sulla sua vita. Un vero e proprio 'scudo' umano contro possibili vendette del clan. Questo, almeno, sembrava pensare l'uomo ritenendosi al sicuro da una vendetta che mai - almeno questa era la sua aspettativa - si sarebbe potuta consumare in presenza di un bambino di tre anni. Purtroppo, così non è stato.
(Con fonte Askanews)