25 aprile 2024
Aggiornato 06:00
La deputata Pd sulla fuga dei giovani ricercatori italiani all'estero

Ghizzoni: l'Italia non fa nulla per riportare indietro i suoi cervelli

In un periodo in cui le più brillanti menti italiane si spostano in massa all'estero, la deputata Pd Manuela Ghizzoni denuncia il disimpegno del nostro Paese nel tentare di recuperare i ricercatori «fuggitivi». Il cofinanziamento ministeriale di 3 milioni e mezzo è riservato infatti alle chiamate di professori dall'estero, e esclude, invece, i ricercatori a tempo determinato.

ROMA - L'emergenza immigrazione è sempre all'ordine del giorno, tanto da coprire un'altra emergenza, ma di segno contrario: secondo i dati del Rapporto Italiani nel Mondo pubblicato pochi mesi fa dalla Fondazione Migrantes della CEI, il numero di italiani che emigrano all'estero è superiore a quello degli stranieri che arrivano nel nostro paese. Le partenze dall'Italia hanno raggiunto nel 2013 il numero di 94 mila persone, cifra superiore ai flussi dei lavoratori stranieri immigrati in Italia, che sono ogni anno circa la metà di questa cifra, precisamente 43 mila nel 2010. Molti degli emigranti, sono i giovani cosiddetti «cervelli in fuga»: ricercatori, scienziati e accademici a cui il Belpaese, nel migliore dei casi può offrire soltanto un futuro di incertezza e precarietà. 

DISPONIBILI FONDI PER RICHIAMARE RICERCATORI DALL'ESTERO - Eppure, a quanto pare, come fa capire l'interrogazione presentata venerdì dalla deputata Pd Manuela Ghizzoni, l'Italia non si impegna nemmeno troppo a farli tornare in patria, questi meritevoli fuggitivi. Neppure quando, di fatto, avrebbe gli strumenti per provarci. L'interrogante fa infatti riferimento al provvedimento che stabilisce che «le università possono procedere alla copertura di posti di ricercatore mediante chiamata diretta di studiosi, stabilmente impegnati all'estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario da almeno un triennio, che ricoprono una posizione accademica equipollente in istituzioni universitarie o di ricerca estere". Addirittura, un decreto ministeriale del 2011 «destinava una quota di un milione di euro del fondo di finanziamento ordinario 2011 delle università statali al cofinanziamento ministeriale di chiamate di professori e ricercatori a tempo determinato effettuate dalle università». Un decreto dell'anno successivo stanziava una quota di un milione e mezzo di euro con lo stesso obiettivo, mentre tre milioni e mezzo di euro venivano destinati nel 2013 «al cofinanziamento ministeriale, ma lo limitava alle chiamate di professori, con esclusione dei ricercatori a tempo determinato. La medesima scelta è stata ripetuta in sede di ripartizione del fondo di finanziamento ordinario 2014»

MOLTI RICERCATORI EMIGRATI VORREBBERO TORNARE IN ITALIA - L'interrogante ha dunque osservato che l'esclusione dei ricercatori a tempo determinato è un grave ostacolo all'opportunità di richiamare in Italia menti brillanti: «un grande numero di giovani ricercatori italiani», ha infatti sottolineato, «è emigrato all'estero negli ultimi anni, trovando posto e lavorando con successo in università e centri di ricerca stranieri, ma ambisce a ritornare in Italia anche con una posizione di ricercatore a tempo determinato". Insomma, se i finanziamenti rimanessero limitati, come ora, alle chiamate di professori, escludendo ricercatori a tempo determinato, si sprecherebbe un'opportunità importante per il nostro Paese: infatti, «la carenza di finanziamento delle università porta spesso alla necessità di accedere a cofinanziamenti ministeriali per poter procedere a chiamate dirette di personale proveniente dall'esterno dell'ateneo e, in particolare, dall'estero». Per questo, la Ghinozzi ha chiesto al Ministro dell'istruzione «quali siano le ragioni che, negli ultimi due anni, hanno portato a escludere dal cofinanziamento ministeriale le chiamate dirette dall'estero su posti di ricercatore a tempo determinato», e «se il Ministro ritenga di rivedere questa scelta per adeguarsi al dettato della legge e per favorire il rientro in Italia di personale di ricerca molto qualificato».​ Personale che, per come stanno attualmente le cose, difficilmente si persuaderebbe a tornare in un Paese che non fa nulla per tenersi strette le proprie eccellenze, e neppure per recuperarle.