19 aprile 2024
Aggiornato 10:30
Il serial killer di Roma

Stazzi nega le accuse: ho sempre lavorato bene

Così l'infermiere al suo Avvocato, che lo ha incontrato a Rebibbia. Per l'infermiere ordinanza di custodia cautelare in carcere con l'accusa di aver ucciso sette anziani. Gip: omicidi «con lucidità e premeditazione»

ROMA - «Io non c'entro niente, ho sempre fatto bene il mio lavoro»: così Angelo Stazzi, riferisce il suo avvocato Cristiano Pazienti che lo ha incontrato oggi a Rebibbia, di fronte all'ordinanza di custodia cautelare in carcere che lo accusa di aver ucciso sette anziani. «Stazzi - riferisce l'avvocato a TM News - mi ha detto alcune cose ribattendo punto per punto l'ordinanza, e su questo baseremo la difesa e ha sottolineato 'non è assolutamente vero', così come aveva già fatto quando nacquero i primi sospetti mediatici».

Stazzi nega ogni addebito - «Ho letto l'ordinanza - spiega Pazienti che assiste Stazzi insieme a Cristiano Conte - siamo stati con il nostro assistito a Rebibbia tutto il pomeriggio. Lui logicamente nega ogni addebito. Rimaniamo esterrefatti, però siamo alle fasi finali del processo sull'omicidio Dell'Unto e arrivano queste accuse. Sarà sicuramente una coincidenza, credo nella buona fede della magistratura ma resto perplesso». Il 14 e 15 dicembre infatti sono previste le udienze finali del procedimento davanti alla corte di Assise di Roma, per l'omicidio Dell'Unto.
«E adesso che siamo prossimi ad una decisione viene fuori che è un serial killer - ha proseguito Pazienti - proprio ora, dal 2009, a supporto delle tesi accusatorie. E' stato sbattuto in prima pagina: si poteva aspettare la conclusione del processo, lui è già in carcere e io non vedo esigenze cautelari particolari come il pericolo di fuga o di recidiva». Per quanto riguarda i passi successivi e il merito della vicenda, i legali aspettano di studiare gli atti e approfondire le accuse ma, fa notare il legale, «Stazzi si dichiara estraneo a queste accuse, ha sempre svolto il suo lavoro in modo professionale come è emerso anche nel processo. Si tratta di persone anziane che avevano da 86 a 99 anni: cercheremo anche di valutare con i nostri periti le cause dei decessi, per quello che è possibile, visto che è passato molto tempo. E per questo mi chiedo anche - conclude - come possano aver stabilito che sia Stazzi l'autore materiale di quelle morti». Stazzi «inizia anche ad essere stanco di queste accuse e sospetti. E' preoccupato per la sua famiglia, i figli, la compagna».

Gip: omicidi «con lucidità e premeditazione» - «La condotta posta in essere dallo Stazzi ha tutte le caratteristiche della condotta omicidiaria seriale, attuata con lucidità e premeditazione, su vittime deboli e in stato di evidente soggezione psico-fisica», a scriverlo è il gip di Tivoli Alfredo Bonagura, che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, notificata oggi a Rebibbia all'infermiere 66enne Angelo Stazzi, già recluso per l'omicidio Dell'Unto, e in cui viene accusato di sette omicidi, ai danni di anziani ospiti nella casa di riposo Villa Alex. Per il gip infatti «sussistono concrete e pressanti esigenze di cautela sociale che impongono la restrizione della libertà personale dell'indagato».
E infatti «neanche il suo allontanamento da Vila Alex lo ha indotto a a fermarsi, poiché analoga condotta stava organizzando e ponendo in essere nella struttura sanitaria in cui era stato nuovamente assunto». «A ciò va aggiunto - prosegue il gip - che lo Stazzi aveva già ucciso essendo risalente a diversi anni prima (2001) l'omicidio da parte sua di Dell'Unto Maria Teresa e il relativo occultamento di cadavere(scoperto solo nel 2008-2009) per il quale è stato rinviato a giudizio da questo ufficio in stato di custodia cautelare in carcere ed è attualmente in attesa di imminente sentenza da parte della corte di Assise di Roma».
Che l'infermiere 66enne sia già in carcere per il gip non è sufficiente ad evitare il pericolo: «Sul pericolo di recidiva non incide l'attuale stato di restrizione carceraria dello Stazzi, poiché tale stato potrebbe cessare per cause indipendenti dall'operato di questa autorità giudiziaria, legate alle sorti di un procedimento diverso.» Quindi, argomenta il giudice «se dunque si deve ragionare sulle esigenze cautelari come se non sussistesse l'attuale titolo cautelare per l'omicidio della Dell'Unto, va da sè che ricorrerebbe anche un evidente e concreto pericolo di fuga, vista la natura delle imputazioni e l'entità massima della pena che potrebbe essere inflitta». In conclusione - si legge nell'ordinanza: «La custodia cautelare in carcere è dunque doverosa in relazione al grado elevatissimo dei pericula sopra evidenziati, essendo l'unica in grado di recidere in radice qualsiasi possibilità di recidiva e di fuga».