19 aprile 2024
Aggiornato 13:30
Governo | Maggioranza

Breve «fuga» a Lesa per Berlusconi, malumore su Bossi

Il Premier sente i Legali per le mosse dei Pm di Napoli. E su Milanese scatta l'allarme. E' lì che il Pdl teme, di fronte a un possibile voto segreto, l'incidente

ROMA - Diluvia sul lago, a Lesa, dove Silvio Berlusconi è 'fuggito' in gran segreto per trascorrere alcune ore lontano da tutto e tutti. Al telefono quasi irraggiungibile, l'unico a sentirlo regolarmente fino a metà pomeriggio è Niccolò Ghedini. Insieme, avvocato e imputato, per valutare la strategia da tenere se davvero il premier dovesse confermare la decisione di varcare domattina il portone del Palazzo di giustizia di Milano. In alcuni momenti il premier è tentato di non dare ascolto a quanti gli consigliano prudenza e lo implorano di evitare nuovi pubblici assalti alle toghe, ma al momento sembra abbia rassicurato sulla volontà di mantenere quel profilo basso che molti gli suggeriscono, nonostante tutto. Nonostante sia ormai scaduto l'ultimatum dei pm napoletani, nonostante anche domani debba transitare per un'Aula di Tribunale, nonostante Umberto Bossi e le sue uscite «fuori luogo» sulla secessione della Padania. Nonostante lo stillicidio di intercettazioni che ne minano l'immagine e, infine, le trame di chi non crede più nel progetto pidiellino ed è pronto ad approfittare di un eventuale voto segreto su Marco Milanese.

In serata è scaduto l'ultimatum della Procura partenopea. I legali hanno spiegato al Cavaliere che l'accompagnamento coatto, al momento, non è la mossa considerata più probabile. Piuttosto, si ragiona nell'entourage del premier, è possibile che i magistrati sondino il presidente del Consiglio per verificarne la disponibilità a un incontro, prorogando di fatto la dead line per ascoltarlo come testimone. La speranza, fra gli uomini di Berlusconi, è che la rabbia del premier per quello che considera l'ennesimo colpo basso della magistratura non lo spinga a reagire pubblicamente proprio davanti ai cronisti che lo attenderanno al termine dell'udienza Mills.

Ma l'umore cupo, in sintonia con il piovoso scorcio di giornata trascorso in riva al lago, si accompagna alla convinzione di voler resistere. Ad Angelino Alfano Berlusconi ha chiesto una blindatura pubblica, puntualmente pronunciata davanti alla platea pidiellina di Cortina. La stroncatura delle larghe intese annunciata dal segretario testimonia il timore che i maldipancia possano moltiplicarsi e aprire la strada alla «deposizione» del leader. Strettissimo, in particolare, si annuncia il passaggio parlamentare sul voto per l'arresto di Marco Milanese. E' lì che il Pdl teme, di fronte a un possibile voto segreto, l'incidente. E lì che via dell'Umiltà ipotizza la saldatura di dissidenti interni e malumori maroniani. Il ministro dell'Interno ha oggi giurato pubblica fedeltà al senatùr, ma nel segreto dell'urna l'ex braccio destro di Giulio Tremonti potrebbe pagare dazio. Per questo già da domani inizieranno le riunioni dei vertici dei gruppi parlamentari per valutare la linea, sondare e possibilmente convincere i potenziali franchi tiratori.

La secessione e la Padania - Mentre a Cortina Alfano giurava che Berlusconi a tutto pensa, tranne che a un passo indietro, da Venezia Umberto Bossi rilanciava parole d'ordine antiche, abbandonate da tempo e da poco tornate nel vocabolario leghista. La secessione e la Padania libera via referendum sono solo alcuni degli slogan del Carroccio tornati oggi a echeggiare al Nord. Berlusconi, informato in presa diretta, non avrebbe mancato di stigmatizzare. Comprensivo, certo, rispetto alla necessità del ministro delle Riforme di pronunciare frasi «da comizio» per «compattare i propri militanti», ma altrettanto convinto dell'obbligo di evitare strappi e forzature «vista la delicatezza del momento». «Poteva risparmiarsela», avrebbe detto Berlusconi, timoroso innanzitutto di una reazione del Colle. Ma anche del rischio che settori del Pdl in difficoltà possano prendere a pretesto il nuovo corso bossiano per giustificare ulteriori divaricazioni e mettere in difficoltà il governo.