Bersani replica ai malumori interni e opinionisti: Noi diversi
Il segretario risponde all'offensiva sulle inchieste: «Il Pd non attacca la magistratura, non cerca di sottrarre i suoi al giudizio dei tribunali»
ROMA - Gli editoriali del Fatto e del Corriere di questi ultimi avevano fatto arrabbiare molto Pier Luigi Bersani, e pure il «fronte interno» cominciava ad essere caldo, con diversi esponenti anche di primo piano che, garbatamente, iniziavano a fare dichiarazioni pubbliche sul tema delle inchieste che riguardano il Pd. Per questo il segretario nel fine settimana ha maturato la convinzione che occorresse affrontare di petto la questione, con un intervento che da un lato non facesse sconti agli esponenti Pd coinvolti, ma dall'altro rivendicasse la «diversità» democratica, che più d'uno metteva in discussione. Uscita pubblica che certamente ha, almeno per ora, messo la sordina alle uscite pubbliche degli esponenti Pd, mentre è da vedere se riuscirà a placare i commenti sui giornali. D'altro canto, nello stesso Pd molti pensano che sia solo un «primo passo» e non è un caso che gli apprezzamenti pubblici a Bersani siano arrivati solo dalla cerchia dei suoi.
Bersani, raccontano, ne ha parlato con i principali esponenti del partito in un giro di contatti negli ultimi giorni, quindi ha scritto la lettera al Corriere. Noi, è stato il ragionamento, non possiamo accettare di essere messi sullo stesso piano degli altri. Ci sono dei casi, è vero, ma sono questioni singole. E, soprattutto, il Pd non attacca la magistratura, non cerca di sottrarre i suoi al giudizio dei tribunali. Questa, in sintesi, è la linea tenuta dal segretario. «A differenza di altri - ha scritto nella lettera al Corriere - abbiamo già fatto molto per predisporci autonomamente a quella prospettiva (di trasparenza della politica, ndr) come l'approvazione di un codice da sottoscrivere da parte dei nostri amministratori per garantire trasparenza dei loro redditi e nelle procedure di appalto e di gestione del personale». Detto questo, il segretario ha anche voluto fissare una 'linea di comportamento' che non lascia equivoci: «In caso di inchieste le istituzioni e il partito, in attesa che le cose si chiariscano, non devono essere messi in imbarazzo e devono poter agire in piena serenità». Un messaggio chiaro a chi è coinvolto nelle inchieste.
Parole che sono state subito elogiate da Massimo D'Alema, Anna Finocchiaro, Luigi Zanda, Enrico Letta, Nico Stumpo, Davide Zoggia, da Rosy Bindi. Il blocco più vicino al segretario, insomma. Tanti altri, però, non hanno proferito parola. Il fatto è che uno dei nodi che almeno una parte del partito chiede che venga affrontato è quello del rapporto tra partito e mondo dell'economia. Lo aveva ricordato ancora domenica scorsa Arturo Parisi: «Tutta la politica deve affrontare il problema della mancata distinzione dei ruoli, della commistione tra opposizione e governo, della confusione tra affari e politica», aveva detto l'ex ministro della Difesa ricordando le posizioni da lui espresse nel 2005. Concetti simili a quelli che si ascoltano nell'area veltroniana. E anche Chiamparino ha più volte ricordato in questi giorni che la «diversità va conquistata».
Bersani ha voluto replicare a tutte queste istanze, con l'intervento di oggi. Di sicuro l'operazione per ora ha spinto tutti ad allinearsi o a tacere. Vedremo se basterà a chiudere la questione.