24 aprile 2024
Aggiornato 19:00
Referendum Fiat

Di Pietro: non c'è il consenso per far funzionare l'azienda

Il leader dell'Italia dei valori: «Operai ricattati, aderiamo a sciopero generale della Fiom»

ROMA - «L'esito clamoroso del referendum a Mirafiori dimostra chiaramente che, pur sotto ricatto, non esiste il consenso per far funzionare l'azienda perché sono stati calpestati i diritti di chi concretamente lavora per costruire le automobili». E' quanto affermano il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, e il responsabile welfare del partito, Maurizio Zipponi, in un post pubblicato sul blog dell'ex magistrato.
«Infatti coloro che, in seguito all'accordo, vedranno peggiorate le loro condizioni ed avranno minori diritti si sono ribellati - proseguono Zipponi e Di Pietro - il segnale che arriva dalla Fiat è ineludibile ed è indirizzato a tutta la politica, in primo luogo al Governo che ha portato avanti un'azione irresponsabile e distruttiva, abbandonando a se stessi i lavoratori. Il messaggio è arrivato anche a noi che abbiamo sempre richiesto all'azienda il rispetto della Costituzione, dei diritti fondamentali e un piano industriale credibile per tutti gli stabilimenti italiani da Mirafiori a Termini Imerese».

Violata la Carta - «Noi dell'Italia dei Valori - aggiungono - ricordiamo anche oggi, a referendum avvenuto, come la Carta sia stata violata all'articolo 39 e 40. Per questo, chiederemo immediatamente in Parlamento che venga avviato l'esame del nostro disegno di legge sulla rappresentanza e sulla democrazia nei luoghi di lavoro. In secondo luogo, ribadiamo la necessità di una politica industriale vera che mantenga in Italia la produzione, le nostre grandi professionalità per dare un futuro alle nuove generazioni. In terzo luogo, sosteniamo con forza l'esigenza di cambiare radicalmente il sistema delle relazioni industriali perché ha dimostrato di non essere più rappresentativo, né degli operai, né dei giovani precari che non hanno certezza dei loro diritti, a cominciare da quello del lavoro.

«Comunque in questa drammatica vicenda il Governo - accusano Di Pietro e Zipponi - ha commesso un grave delitto: ha abbandonato gli operai al proprio destino, lavorando esclusivamente per risolvere le vicende giudiziarie del Presidente del Consiglio bloccando il Parlamento sull'esame dei provvedimenti ad personam. Insomma di fronte ad una crisi economica mondiale di questa portata, Obama si è occupato della Chrysler e della GM, la cancelliera Merkel dell'Opel, Sarkozy della Renault mentre il signor Berlusconi di Ruby. «Gli operai, i precari, tutti i cittadini - concludono - pagano la pochezza di quest'uomo, i disastri che sta creando rischiano di essere irreversibili anche per le imprese, gli artigiani e gli operatori economici che hanno deciso di rimanere in Italia e non di scappare all'estero come sta facendo Marchionne. Sono queste le ragioni che ci porteranno ad essere presenti in tutte le città di Italia il 28 gennaio allo sciopero generale proclamato dalla Fiom».