7 maggio 2024
Aggiornato 12:30
Mafia

Sequestro beni a imprenditore Rizzacasa

Arrestato lo scorso giugno. Imprese, immobili e auto per un valore di 30 milioni di euro eseguito dalla squadra mobile di Palermo

ROMA - Imprese, immobili e auto: sono tra i beni per un valore di 30 milioni di euro sequestrati all'imprenditore palermitano Vincenzo Rizzacasa. Il sequetro è stato eseguito dalla squadra mobile di Palermo che ha eseguito un decreto della sezione misure di prevenzione del Tribunale.

Rizzacasa, 63 anni, architetto, con un passato di preside presso una scuola della provincia di Messina, nell'ultimo decennio è divenuto uno degli imprenditori maggiormente impegnati a Palermo soprattutto nel campo della ristrutturazione edilizia nel centro storico. Una delle sue imprese l' «Aedilia Venusta» ha acquistato nel 2005 la villa del '700 denominata «Villa Barone Lanterna» con annesso «stabilimento bagni minerali dei fratelli Sacerdoti Pandolfo con relative grotte» e la «grotta della Madonna dell'Acquasanta» complesso che si trova nel capoluogo siciliano, in piazza Acquasanta.
Per questo complesso, nel 2009, Rizzacasa ha ottenuto una concessione edilizia per la ristrutturazione dell'immobile e per la realizzazione di quindici lussuosi appartamenti e due studi professionali.

Arrestato a Giugno - L'imprenditore è stato tratto in arresto dalla squadra mobile di Palermo nel giugno di quest'anno in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del tribunale di Palermo, nell'ambito del procedimento denominato «mafia e appalti», per i reati di trasferimento fraudolento di valori aggravato in concorso e riciclaggio aggravato, reati commessi al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali agevolando le attività di Salvatore Sbeglia, suo socio occulto, condannato per associazione per delinquere di stampo mafioso e destinatario di un provvedimento definitivo di misura di prevenzione personale. Al di là del formale assetto societario, ha ripreso la propria attività di imprenditore edile, coltivando e servendosi di quella rete di relazioni con esponenti di vertice dell'associazione mafiosa «Cosa Nostra» Antonino Rotolo a e Antonino Cinà, con i quali ha condiviso, come appurato dai procedimenti penali e di misure di prevenzione a suo carico, la volontà di arricchimento illecito attraverso il condizionamento, con i metodi tipici della organizzazione mafiosa.