3 maggio 2024
Aggiornato 04:30
Dopo la direzione di partito

PD, si riapre lo scontro tra i «76» e Area dem

Franceschini convoca la riunione senza i firmatari del documento. Scoppia la polemica. Bersani soddisfatto da voto di ieri: «C'è unità e direzione marcia»

ROMA - Il giorno dopo la Direzione nazionale del Pd, che ha certificato con il voto di astensione l'esistenza di una nuova minoranza rappresentata dai firmatari del documento dei 76, lo scontro interno al Pd si riaccende tra questi ultimi e Area democratica. Ai veltronian-fioroniani non è piaciuta la decisione di Dario Franceschini di convocare una riunione di Area dem senza invitare i 'dissidenti', una mossa fatta per dimostrare che la componente nata intorno alla candidatura alle primarie del capogruppo alla Camera non è finita dopo la Direzione di ieri, ma che continua ad esistere seppure con una linea diversa, quella della collegialità e dell'unità del partito.

A Franceschini non era piaciuta l'interpretazione data alla sua intervista al Corsera, secondo la quale dopo la Direzione di ieri di fatto Area Democratica non esiste più, e quindi di prima mattina ha convocato una riunione a Montecitorio con i fedelissimi e poi ha annunciato l'incontro di giovedì prossimo; una riunione nazionale della minoranza, motivandolo così in un post su Twitter: «Areadem deve tenere viva, in un Pd più unito, le idee che abbiamo sostenuto alle primarie». La riunione di Area dem convocata da Franceschini ha provocato la dura reazione dei firmatari del documento dei 76, che fino a due giorni fa, cioè prima della Direzione, di quella componente hanno fatto parte, tanto da discutere della loro nuova posizione politica nell'assemblea dei parlamentari di minoranza.

«La decisione unilaterale di Franceschini di convocare Area Democratica è a dir poco inusuale, considerato che i 76 firmatari del documento non sono stati invitati, contrariamente a quanto deciso mercoledì sera -avverte Gero Grassi, uno dei firmatari del documento -. Non si è mai visto che una minoranza cacci la maggioranza».
«Legittima la scelta di Veltroni e Fioroni di interpretare il loro documento, come stanno facendo, con iniziative e momenti di incontro a partire da quello convocato da Fioroni per i prossimi giorni - replica Marina Sereni -. Noi abbiamo scelto, altrettanto legittimamente, la strada di una minoranza che non rinuncia alle sue idee e che vuole contribuire ad un maggiore grado di unità del Pd».

Il botta e risposta tra le due anime della minoranza è continuato per tutto il giorno con interventi da entrambe le parti: Ettore Rosato, Stefano Ceccanti, Cesare Damiano, Vinicio Peluffo. Il senso dello scontro è che da una parte si sostiene che con il voto di ieri a favore della relazione di Bersani, Franceschini, Fassino e chi è rimasto con loro, e anche sui numeri di quel voto si è aperta una polemica, sono ormai «entrati a far parte della maggioranza», tanto che già si parla della possibilità che Sergio D'Antoni possa presto assumere un incarico nazionale. Dal versante dei franceschinian-fassiniani invece si sostiene la necessità di una gestione collegiale data la situazione politica di emergenza e si rilancia nel campo avverso l'accusa di aver voluto rompere dando, di fatto, vita a un'altra corrente non per motivi politici ma solo di leadership. Intanto il segretario, Pier Luigi Bersani, forte del voto di ieri, può rivendicare che «c'è una direzione di marcia e inoltre c'è uno spirito unitario sufficiente a farla avanzare. Ora si è chiusa la nostra discussione e così possiamo parlare dei problemi degli italiani».