3 maggio 2024
Aggiornato 10:00
Italia-Libia

La hostess: tra claque, svenimenti e viaggi-premio

A parlare con Apcom è Laura, il solito nome di fantasia: «Dai giornali nessuna verità. Convertite? Lì solo per soldi»

ROMA - «Voglio raccontare quello che è successo con Gheddafi, perchè sui giornali di oggi ci sono tante testimonianze, ma nessuno ha scritto la verità». A parlare con Apcom è Laura, il solito nome di fantasia «perchè ci hanno detto di non riferire nulla ai giornalisti sennò non ci pagano. E se non ci pagano, che ci sono andata a fare?». Laura è una delle circa 500 hostess che ieri sono state invitate a partecipare all'incontro con il colonnello Muammar Gheddafi, nell'accademia di Libia a Roma.

Argomento del dibattito erano la donna e la religione. «Ci ha reclutate l'agenzia Hostessweb, dietro la promessa di un pagamento di 80 euro, dei quali 20 andavano però 'girati' alla ragazza che ti aveva invitata. Perchè era come un passaparola. Ovviamente erano indispensabili una tenuta elegante, bella presenza, eccetera. Nei giorni scorsi ci sono arrivate delle mail dall'agenzia, ci spiegavano gli orari degli appuntamenti, come si sarebbe svolta la giornata, come comportarci con i giornalisti»: 'Vi preghiamo di evitare interviste che possano dare adito a equivoci di ogni sorta...cercate di evitare il più possibile i giornalisti...date solo risposte veloci e serie, non fate interviste...', recita la e-mail che Laura ci ha girato. «Non abbiamo firmato nulla, ma se sgarravamo niente soldi».
Insomma, poi la giornata si svolge secondo programma (appuntamento al Foro olimpico, in pullman «verso una località segreta», cellulari ed effetti personali ritirati tranne un documento e il ticket per ritirare il rimborso). «Entriamo nell'accademia. Per ore non abbiamo avuto alcun contatto con l'esterno, ci hanno messo in 500 in una sala che forse conteneva 200 persone: eravamo troppe, stavamo molte in piedi, chi poteva si sedeva. Eravamo strette una sull'altra, accasciate per ore. Qualche ragazza si è sentita male e l'hanno portata via. Una situazione contraria a ogni normativa sulla sicurezza», racconta ancora Laura, «a un certo punto hanno fatto uscire la metà di noi, ci hanno portate in un'altra sala, una sorta di garage, dove ci hanno dato delle pizzette e delle bibite».

Poi, finalmente, è arrivato il padrone di casa. «Gheddafi ha fatto un comizio in due turni. Alla fine del primo abbiamo visto che le ragazze uscivano con il Corano in mano e tre avevano il velo. Dicevano che si erano convertite, ma molte altre dicevano invece che erano stati regalati loro 4.500 euro e un viaggio tutto spesato in Libia. Io lo credo, lì erano praticamente tutte motivate dai soldi».
«Poi è toccato a noi. C'era la traduzione simultanea, sono iniziate le nostre domande, soprattutto sulla condizione delle donne nei paesi islamici. Ma a molte non è stata data risposta: Gheddafi ci parlava solo del Corano come 'il vero vangelo che porta alla verità' e dell'Islam 'unica religione': era come un loop, ripeteva sempre le stesse cose. Ma la cosa incredibile - dice ancora Laura - è che a ogni suo intervento applaudivano solo lo staff dell'ambasciata e del personale interno. Era la sua claque. Noi eravamo allibite».
L'incontro è finito nel tardo pomeriggio: «Ci hanno ripetuto di non rilasciare interviste e di evitare contatti. L'anno scorso due ragazze hanno rilasciato dichiarazioni, dicendo che erano state obbligate a stare dentro e alla fine della giornata non erano state pagate. Nessuna voleva fare la stessa fine».