Pdl e Fini: i ribelli guardano all’Inghilterra, ma anche alla Sicilia
Dai sondaggi sulle prossime elezioni in Gb spunta l’outsider liberal democratico e l’Mpa di Lombardo apre a Fini
Il giorno in cui sapremo quanti sono i fedeli sui quali il Presidente della Camera può contare per i suoi progetti futuri è coinciso con l’arrivo dalla Gran Bretagna della notizia che sul palcoscenico delle prossime elezioni del 6 maggio è apparso un terzo incomodo.
Secondo gli ultimi sondaggi il leader liberal democratico Nick Clegg è saltato in testa nel confronto che sembrava dovesse solo appannaggio del laburista Gordon Brown o dell’emergente conservatore David Cameron.
In Italia, se veramente Clegg riuscisse nell’impresa di vincere le elezioni la chiameremmo la vittoria della «terza via».
Ed ecco perché il sorpasso nei sondaggi del candidato liberal democratico in Gb ha che fare con il caso Fini e con gli sviluppi di quel movimento che come titolo provvisorio ha «grande centro», del quale tutti si aspettano le prossime mosse dopo l’impasse del voto regionale.
Non c’è dubbio che Casini, Rutelli, forse Montezemolo, sono impazienti di vedere come andrà a finire la vicenda Fini all’interno del Pdl per misurare i loro prossimi passi.
Come non c’ è dubbio che tutti quelli che non si rassegano alla spartizione del trono fra Bossi e Berlusconi guardino a quanto sta accadendo in Gran Bretagna e alla possibilità che sull’ isola prevalga un terzo uomo a dispetto dei due schieramenti maggiori, come alla realizzazione dei loro sogni.
Che il modello inglese si possa realizzare in Italia allo stato attuale delle cose non solo è difficile, ma quasi impossibile.
Quindi a chi si vuole inserire nel duopolio non restano che spazi marginali.
Lo spazio che molti consigliano a Fini esclude una scissione e prospetta invece la creazione di un gruppo di minoranza all’interno dello stesso PDl.
E’ una soluzione che darebbe al Presidente della Camera la possibilità di restare al suo posto, di mantenere una visibilità istituzionale e di poter anche interferire nei tempi e nel percorso parlamentare delle riforme.
La capacità di interdizione di Fini avrebbe però un limite nella pazienza del duo Berlusconi Bossi, tenuto anche conto che il leader della Lega ha già detto che sia lui che la sua gente di pazienza finora ne hanno avuta fin troppa.
Il cofondatore del Pdl resterebbe così stretto in una morsa: se mollasse la presa, dopo tutto il polverone che ha sollevato, perderebbe credibilità sia agli occhi di chi lo avversa, sia a quelli di chi sta seguendo con simpatia le sue iniziative; ma se tirasse troppo la corda rischierebbe di essere trascinato, quando ancora fosse in mezzo al guado, in una competizione elettorale fuori programma provocata da chi ha oggi tutte le carte in mano.
A questo punto potrebbe spuntare però Raffaele Lombardo il dissidente governatore della Sicilia.
Con i cinque deputati e cinque senatori sui quali può contare fra Camera e Senato l’Mpa può infatti diventare l’ago della bilancia consentendo ad una coalizione eterogenea di antiberlusconiani di avere i numeri sufficienti per mettere in difficoltà il centro destra e sperare addirittura di mettere in minoranza l’alleanza Pdl- Lega.
«Siamo disposti a sostenere le iniziative di Fini purché strumentali a valorizzare e a dare voce al Sud», ha detto Carmelo Lo Monte, vicecapogruppo alla Camera degli autonomisti dell’ Mpa.
E con questa affermazione si ritorna alla prima casella di questo giro dell’oca che ripropone un unico interrogativo: al momento della resa dei conti, quelli reali ai quali corrispondono quattrini e risorse, riusciranno Bossi e Berlusconi a «valorizzare e dare voce al Sud»?
In caso di controversia, se si fa attenzione agli ultimi accadimenti, tutti gli scenari sono possibili.