19 agosto 2025
Aggiornato 00:30
Politica & Riforme

Nuovo scontro Fini-Berlusconi sul semipresidenzialismo

Il Presidente della Camera: «Modello francese solo col doppio turno». Bossi: «Si con il federalismo». Ma Bersani: «Partiamo dal lavoro»

ROMA - Tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini è di nuovo scontro, questa volta sulle riforme e sul semipresidenzialismo «alla francese» annunciato dal premier come modello di riferimento. Ma per il presidente della Camera il modello parigino non può affatto funzionare a turno unisco, come ha detto Berlusconi. Anzi per Fini non è «possibile» introdurre il modello francese «con una legge elettorale proporzionale a turno unico: quel modello funziona con una legge elettorale maggioritaria a doppio turno». E intanto sulle riforme è arrivato il monito del Presidente della Repubblica: «E' augurabile che si esca al più presto da anticipazioni e approssimazioni - dice Giorgio Napolitano - che non si sa a quali sbocchi concreti, a quali proposte impegnative, a quali confronti costruttivi possano condurre».

L'ESEMPIO FRANCESE - Berlusconi e Fini si vedranno la settimana prossima, ma la diversità di posizioni, emersa già nei giorni scorsi, ora deflagra con estrema chiarezza. Proprio da quell'Eliseo che vorrebbe «importare» in Italia, in una conferenza stampa con il presidente francese Sarkozy il premier ribadisce: «Noi guardiamo al sistema del semipresidenzialismo francese ma in modo che sia funzionale anche in Italia: senza doppio turno e con elezione contestuale del presidente e del Parlamento». Presa di posizione che Fini rimanda immediatamente al mittente, dicendo no alla «scorciatoia» di «prendere parti di un modello e applicarlo su altri modelli», perchè «il rischio è che il sistema non tenga».

ATTENTI AGLI SLOGAN - Ma a leggere le dichiarazioni di Fini, non è solo sul sistema elettorale che il presidente della Camera tiene a mettere dei paletti precisi: prima di tutto, mette in guardia da un approccio fatto solo di «slogan» che rischia di produrre «tante chiacchiere e pochi fatti»; poi, riprendendo l'appello di Napolitano, osserva che «la cosa meno nobile quando si parla di riforme è dire 'a chi conviene', perché presuppone non la volontà di un intervento duraturo nel tempo, ma quella di fare riforme nell'interesse di una parte». E sul confronto con l'opposizione avverte: «Nel 2001-06 la riforma costituzionale è stata bocciata dal referendum».

BOSSI - Alla Lega il semipresidenzialismo va bene, a patto però che ci sia il federalismo, «che è già passato», ha detto Umberto Bossi a Torino. «Si tratta solo di fare i decreti attuativi, che sono pronti ma non bisogna dirlo ancora, se no gli altri si arrabbiano, perché dicono che vogliamo fare tutto noi, e invece bisogna ascoltare anche gli altri», ha affermato il leader del Carroccio.

BERSANI: «PARTIAMO DAL LAVORO» - Sul semipresidenzialismo anche il leader del Pd, Pierluigi Bersani, frena. Occorre occuparsi di temi economici, secondo il segretario dei democratici, perché «le famiglie italiane non stanno discutendo di semipresidenzialismo alla francese, ma di lavoro». «Se mi chiedono di parlare di riforme vado ad Arcore pure a piedi a portare proposte nuove» ha ironizzato Bersani intervenendo a Parma nell'ambito della due giorni Libertà e benessere, promossa da Confindustria. «Nel momento in cui, bozza Calderoli compresa, si spinge in modo un po' confuso verso una strada federalista, - ha poi spiegato il leader Pd - mettere l'unico punto di garanzia nella contesa politica significa porre il Paese davanti un singolare interrogativo: chi lo tiene assieme? Quindi, quando si parla di presidenzialismo, di semipresidenzialismo - ha precisato il segretario dei democratici-, si tenga conto della particolare situazione italiana e del fatto che stiamo avviandoci verso un sistema a forti connotati federali». «La nostra idea - ha aggiunto Bersani - è di un governo parlamentare forte, abbiamo idee precise di riduzione del numero dei parlamentari e del superamento del bicameralismo perfetto», ha detto.

NAPOLITANO: «CONVERGENZE» - Incontrando i rappresentanti delle categorie economiche e sociali della provincia di Verona, Napolitano ha spiegato che «ci sono punti importanti di riforma già da tempo apparsi largamente condivisi: sarebbe realistico e saggio non mettere a rischio e non tenere in sospeso quelle convergenze ma mirare a tradurle, in tempi ragionevoli, in dei corposi risultati». Per il presidente della Repubblica «si possono legittimamente sollevare, certo, altri problemi, riaprire capitoli complessi e difficili, come quelli di una radicale revisione della forma di governo, su cui negli ultimi 15 anni non si sono però delineate soluzioni adeguate e politicamente praticabili. Ma - è il monito del capo dello Stato - è bene tenere conto dell'esperienza, dei tentativi falliti, delle incertezze rivelate anche dalla discontinuità della discussione su taluni temi accantonati per molti anni».