12 ottobre 2025
Aggiornato 10:30
Editoriale

L’enigma Casini e la crisi del «Grande Centro»

Il voto delle Regionali ha reso più complicata la nascita di una terza forza alternativa

Potremmo chiamarlo l’enigma Casini. Ma potremmo chiamarlo anche l’enigma Fini e anche l’enigma Rutelli.
Le elezioni regionali hanno avuto l’effetto di relegare nell’angolo più buio del palcoscenico della politica quel progetto di «Grande Centro» che per alcuni mesi ha alimentato il dibattito sia a destra che a sinistra.
Naturalmente non vuol dire che il centro già esistente di Casini o quello per ora sulla carta di Rutelli siano spariti. Soprattutto l’Udc può vantare una sconfitta molto contenuta o in alcuni casi una semivittoria. E’ però indubbio che dal voto sulle Regioni è uscito molto rafforzato l’asse Berlusconi-Bossi e i due leader nel confronto diretto hanno ampiamente dimostrato di volerne fare il perno delle prossime mosse.

Berlusconi, però, in queste ultime ore ha lasciato aperta una porta anche a Casini, invitandolo a rientrare in quella che per il Cavaliere non può che essere la casa comune.
Per la verità la mano tesa di Berlusconi non si è capito bene se fosse rivolta al capo dell’Udc o alle sue truppe. Il premier sa bene, infatti, che il popolo di Casini ha un Dna tendente a destra, come hanno dimostrato anche i dati scorporati delle Regionali dai quali si è avuta la conferma che nella politica dei due forni dove l’Udc ha mantenuto le posizioni, o addirittura le ha migliorate, è stato solo quando si è rivolta al forno di destra.
Casini accetterà di interpretare la parte del figliol prodigo che Berlusconi gli ha proposto di interpretare?
Nell’immediato è molto improbabile. Dietro l’uscio, oggi, non lo aspetterebbe solo il perdono di Berlusconi, ma anche lo sguardo arcigno di una suocera di nome Bossi che si è messa ai fornelli rafforzata da un nuovo potere.
Un discorso analogo, sebbene, come ovvio, da ben altra posizione, vale per Gianfranco Fini.
Rutelli in tutto questo è quello che sta peggio di tutti perché la sua è stata una scommessa al buio che dalle Regionali non ha spuntato alcun lumicino, anzi semmai si può dire il contrario.

Il «Grande centro» quindi allo stato attuale è più in stand-bay che mai e dipende unicamente dalle mosse dell’asse vincente: cioè, per riprendere fiato può solo augurarsi una improbabile incrinatura del patto stretto fra Berlusconi e Bossi o un passo falso di uno dei due.
Spazi di manovra a Casini ne restano ben pochi, soprattutto dopo che la Lega ha occupato quelli sui diritti civili mettendosi platealmente al fianco della Chiesa.
Il gesto clamoroso dei due nuovi governatori leghisti che come primo atto hanno dichiarato di voler lasciar marcire nei magazzini la pillola abortiva è stata la conferma che la Bossi ha abbracciato le tesi oltre Tevere non solo per opportunità elettorale, ma al seguito di un progetto più ampio.
Il fatto che i due governatori siano stati poi riportati all’ovile e richiamati al rispetto della legge conta ben poco. Il gesto doveva essere solo dimostrativo, e lo è stato ampiamente.
Doveva fare arrivare al Vaticano e al popolo dei cattolici la riprova che Bossi sa stare ai patti e all’occorrenza sa usare anche le maniere forti, e ha colto pienamente l’obiettivo. Come hanno confermato gli elogi aperti provenienti dalle alte sfere della Curia.

Naturalmente non ci solo i temi dell’etica in ballo.
Sul tappeto c’è una crisi tutt’altro che risolta, la disoccupazione crescente, le scadenze della cassa integrazione, il ritardo del Paese su temi cruciali come la modernizzazione, la burocrazia, la competitività delle imprese, il credito, la formazione.
Sul versante sociale per i Casini e per il «Grande Centro» lo spazio al momento appare anche più angusto di quello che gli è rimasto dopo l’asso-piglia tutto della Lega su temi come sicurezza, immigrazione e diritti civili.
L’occupazione e il rilancio economico in periodo di crisi mal si addicono ai sofisticati ragionamenti della politica. Richiedono fatti concreti e soluzioni.
Su questo terreno anche Berlusconi e Bossi non avranno vita facile. Ma di ogni eventuale sconfitta
dell’asse a giovarsene non saranno certo i fautori dei due forni.

L’impervio tragitto che l’Italia deve percorrere per uscire dalla crisi non prevede fini dicitori.
Purtroppo è il tempo delle urla.
E a sinistra ad alzare la voce sono già pronti i Grillo.
Con tanti saluti per i progetti di alleanze fra «Grande centro» e sinistra riformatrice.