25 maggio 2025
Aggiornato 00:00

Bersani: sì alle riforme per il Paese

Il leader del PD: «Non accetteremo presidenzialismo se porta a Sud America anni 70»

ROMA - «Se le riforme servono a risolvere i problemi del paesi noi siamo a discutere se invece si tratta di risolvere le aspettative di Berlusconi non ne vale la pena. Penso anch'io sia ora di voltare pagina, non so se lo pensa Berlusconi». Lo ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ospite di Otto e mezzo a proposito del dibattito sulle riforme istituzionali.

Quanto all'ipotesi di semipresidenzialismo avanzata da alcuni esponenti della maggioranza Bersani ha osservato: «Ne ho sentite di tutte le razze in questi giorni, ci sono democrazie come Usa e Francia in cui funziona ma ci si rende conto che per modelli così bisogna scaravoltare enne cose? Servono pesi e contrappesi, non si può fare il presidenzialismo con questa legge elettorale, che è assurda, con questa legge sul conflitto interessi, se pensano di far vedere alla gente che possiamo somigliare agli Usa e invece finiamo con il somigliare al Sud America di qualche decennio fa noi non siamo d'accordo».

Bersani, si rivolge poi a Umberto Bossi e Silvio Berlusconi che ieri sera si sono incontrati per discutere di riforme che è finito il tempo delle chiacchiere e che bisogna intervenire davvero sui temi economici e sociali perchè, avverte: «Se passiamo ancora un anno o due a chiacchierare di riforma istituzionale senza nulla concludere e dimenticandoci di quello che chiede il paese, cioè di intervenire sulla crisi, o il distacco dei cittadini dalla politica è destinato a diventare una voragine».

Secondo Bersani bisogna perciò «partire da un piano anticrisi. Si può discutere di riforme, noi i nostri paletti e le nostre proposte le abbiamo dette ma loro cosa dicono? Cosa hanno detto fin qui di preciso?». Il segretario del Pd si augura che nel colloquio di stasera Bossi e Berlusconi «si chiariscano le idee e che vengano poi in Parlamento».

Infine Bersani propone di partire da un paio di punti su cui «sono tutti d'accordo: il senato federale e la riduzione del numero dei parlamentari, domani mattina facciamo quelle - suggerisce -. Ma di chiacchiere ne abbiamo fin sopra i, pochi peraltro, capelli».