25 aprile 2024
Aggiornato 14:00
Camorra

In carcere Maddalena Lombardi, moglie del capoclan Russo

La donna era già sottoposta ai domiciliari. Ad arrestarla a San Paolo Belsito, i carabinieri de Nucleo Operativo della Compagnia di Nola

NAPOLI - E' stata arrestata Maddalena Lombardi, 47enne moglie dell'ex latitante Salvatore Russo. La donna, ritenuta elemento di spicco del clan Russo attivo nell'area nolana e sottoposta al regime dei domiciliari, è stata condotta in carcere nella serata di ieri. Ad arrestarla a San Paolo Belsito, i carabinieri de Nucleo Operativo della Compagnia di Nola. Lombardi, consorte del capo dell'omonimo clan camorristico, già inserito nell'elenco dei 30 latitanti più pericolosi d'Italia con il fratello Pasquale e arrestati, rispettivamente, il 31 ottobre e il primo novembre scorso, è stata raggiunta da un ordine di custodia cautelare in carcere emesso il 29 marzo dal Tribunale di Nola.

Il provvedimento restrittivo riguarda anche Domenico Russo, detto «Mimmo 'o cocco», 39enne di Saviano, elemento apicale del clan Russo e attualmente detenuto presso il carcere napoletano di Poggioreale. Entrambi sono ritenuti responsabili di estorsione continuata in concorso, aggravata dal metodo mafioso e condannati a 8 anni e sei mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 1.500 euro, nonché all'interdizione perpetua dai pubblici uffici ed interdizione legale per la durata dell'applicazione della pena.

La sentenza di condanna ha confermato la complessa e prolungata attività investigativa, svolta dai militari dell'Arma e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, nel corso della quale, il 3 dicembre 2008, erano già stati arrestati sia Maddalena Lombardi che Domenico Russo per gli stessi reati. In particolare, è stato accertato che Russo, in qualità di socio e amministratore della «Russo General Food», società proprietaria del supermercato «Decò» di Nola e nella quale risultavano essere soci anche Michele e Maria Paola Russo, figli del capoclan Salvatore, e la stessa Lombardi, avvalendosi della forza intimidatrice del clan, avevano costretto i 13 dipendenti dell'esercizio commerciale a farsi consegnare circa la metà della retribuzione mensile, pena il licenziamento o aggressioni fisiche e verbali.

La decisione di condurre la donna in carcere è scaturita dalla possibilità di reiterazione del reato e dal pericolo di fuga.