19 marzo 2024
Aggiornato 12:30
Mancino: «Non può insultare i giudici»

Il Csm vota la delibera contro il Premier

L'organo di autogoverno dei magistrati contesta gli attacchi a più riprese di Berlusconi contro le toghe. Voto contrario di Saponara e Anedda

ROMA - Il plenum del Csm ha approvato la delibera della prima commissione sulla pratica a tutela dei magistrati attaccati nei mesi scorsi dal premier Silvio Berlusconi. Nel documento, licenziato in via istruttoria all'unanimità dalla commissione, e poi votato dal plenum si sottolinea che «il Csm ha il dovere costituzionale di ristabilire pubblicamente la credibilità e la dignità della funzione giudiziaria» perché «non è ammissibile una delegittimazione di una istituzione nei confronti dell'altra». La pratica a tutela è passata con i voti favorevoli di tutto il plenum ad eccezione dei consiglieri di area Pdl Michele Saponara e Gianfranco Anedda che hanno votato contro.

LE ACCUSE DEL PREMIER - Il documento approvato stasera ha chiuso la corposa pratica a tutela di magistrati di più uffici giudiziari che erano stati accusati dal presidente del Consiglio di agire per finalità politiche. Nel mirino del premier erano finiti tra gli altri i magistrati del processo Mills (definiti «comunisti» e la vera «anomalia» del Paese), i pm che hanno riaperto le indagini sulle stragi mafiose (accusati da Berlusconi di cospirare contro di lui), le toghe di Firenze che hanno messo sotto inchiesta Guido Bertolaso («si vergognino»), la Corte Costituzionale e da ultimo le «bande» dei pm «talebani» «che perseguono fini eversivi». Magistrati di cui il Csm elogia «la compostezza» per il «silenzio» opposto ad accuse «generiche e ingiuste».

MANCINO - «Il presidente del Consiglio è un organo istituzionale, ha responsabilità politica, non può usare un linguaggio di insulti e talvolta di intimidazioni nei confronti del libero esercizio dell'attività giudiziaria». Lo ha detto il vice presidente del Csm Nicola Mancino, prima del voto del plenum sulla delibera sulle accuse rivolte da Berlusconi alla magistratura di agire per finalità politiche. «C'è chi ritiene che chi è investito dal consenso popolare sia immune da indagini e critiche» ha osservato tra l'altro Mancino, che ha contrapposto questa posizione a chi crede invece nella divisione dei poteri. «Non rendiamo un servizio alle istituzioni se diciamo che qualcuno ha diritto di offendere».

LA REAZIONE DI BONDI - «Il documento votato all'unanimità dal Csm persegue due obiettivi e determina due conseguenze», dice Sandro Bondi che spiega: «Il primo obiettivo e' quello di contribuire ad intorbidire la acque e di drammatizzare il clima politico già incandescente alla vigilia delle elezioni. Il secondo obiettivo e' quello di aggredire per l'ennesima volta il presidente del Consiglio, negando addirittura ad un leader politico e rappresentante delle istituzioni il diritto di parola e di espressione politica». «La prima conseguenza, invece, di questo voto del Csm e' di diminuire ancora di più - osserva il ministro e coordinatore Pdl - la fiducia dei cittadini nell'organo di autogoverno dei magistrati, che si comporta alla stregua di un organo politico in contrasto con lo spirito e la lettera della Costituzione. La seconda conseguenza della decisione del Csm e' quella di minare alle fondamenta il nostro ordinamento democratico che si fonda sull'equilibrio dei poteri, e non sulla prevaricazione di un organo di rappresentanza dei magistrati, cioè - conclude - di funzionari civili, rispetto alla rappresentanza legittima della sovranità popolare».