4 maggio 2024
Aggiornato 19:00
L’ex assassino pentito di Don Puglisi ha fatto i nomi di Berlusconi e di Dell’Utri

Spatuzza ha parlato

Anche Luciano Violante si è chiesto: «A che cosa mira la cosca dei fratelli Graviano?»

TORINO - Alla fine è arrivato il giorno di Spatuzza. Dietro ad un paravento, protetto da un fila di agenti da far invidia a Barack Obama, all’interno di una scenografia realizzata in un’aula del tribunale di Torino da far invidia ad un film di mafia. Purtroppo invece è un film vero, come vera è la voce della mafia che abbiamo ascoltato. Vera, ma anche verace? Questo è il problema. E’ un problema che l’Italia si porta avanti da quando si scelse per la mafia la stessa strada del pentitismo che aveva consentito la vittoria nei confronti del terrorismo.

Fu una scelta giusta? Il brodo criminale in cui inserire la soluzione chimica capace di farne venire a galla i contenuti, era lo stesso? Sicuramente no. Per tanti motivi che ora richiederebbe troppo tempo analizzare. Ma principalmente per uno, sul quale invece finora non si è riflettuto abbastanza.
I brigatisti avevano un solo progetto, sovvertire lo Stato, innescare una rivoluzione. Il venire meno di quell’unico traguardo non poteva che decretare il fallimento globale del piano e di conseguenza quello personale, individuale e collettivo, di chi lo aveva portato avanti.
Si può dire lo stesso della mafia? La mafia ha resistito nel tempo perché è multiforme, gelatinosa, in grado di riprodursi e rigenerarsi. La mafia non vuole abbattere lo stato, vuole depredarlo.
E’ possibile quindi sconfiggerla affidandosi agli stessi veleni che l’alimentano?

Chi ha preso oggi il posto di Riina e di Provenzano? C’è qualcuno che può illudersi che non si siano già insediati al loro posto dei sostituti, alternativi o famigli, a presiedere quell’Anonima che continua imperterrita a gestire droga, affari, appalti?
A che cosa potrebbero condurci tutte queste considerazioni? Che è meglio lasciar perdere, tanto non cambia niente? Che i pentiti sono inutili? Sarebbe come fare l’ennesimo favore alla mafia.
Nello stesso tempo bisogna essere consapevoli che essa va temuta quando ci è nemica, ma anche quando ci vuole apparire con la faccia della conversione.

La domanda di Violante - «Per quali motivi la cosca Graviano chiama in causa il premier? Che tipo di scenario disegna la mafia dopo questa iniziativa? » Si è chiesto stamani su Repubblica, Luciano Violante, che per essere stato, prima che politico, un magistrato di trincea, di mafia e di organizzazioni criminali se ne intende certamente più di noi. Inoltre bisogna notare la sottigliezza, Violante non dice che a chiamare in causa il premier sia Spatuzza, ma la cosca Graviano, a conferma che quando si parla di mafia più che a quello che emerge bisogna guardare a quello che resta sott’acqua.
Dai magistrati noi cittadini ci possiamo solo augurare che siano capaci di gestire una materia così infida con capacità e grande lucidità. Per non aggiungere ai danni della mafia quelli prodotti dalla perdita di credibilità. Il bacio di Riina insegna.