19 aprile 2024
Aggiornato 05:00
«La replica a Vittorio Feltri arriverà in un'aula giudiziaria»

Berlusconi-Fini, scontro alle porte di Camere e tribunali

Finiani serrano i ranghi, Bongiorno pronta a querelare Feltri

ROMA - La replica a Vittorio Feltri arriverà in un'aula giudiziaria, quella a Silvio Berlusconi è già arrivata con l'intervista di Italo Bocchino: An esiste ancora, e Gianfranco Fini non è un generale senza truppe ma può contare su almeno 50 deputati.

La settimana si apre con un'altra escalation nello scontro tra i due fondatori del Pdl: a versare benzina sul fuoco ci pensa il direttore del Giornale, con un altro pesantissimo editoriale che allude addirittura a un fascicolo «a luci rosse» sul Presidente della Camera per fatti risalenti a quasi 10 anni fa. Ma stavolta l'attacco è reciproco, visto che sul Corriere esce un'intervista di Italo Bocchino che mette in chiaro come Fini, se necessario, può ancora fare affidamento su una nutrita pattuglia di deputati, più che sufficiente per condizionare la politica del Governo e per 'spuntare' le armi del premier.

Così la giornata si apre con un Fini furibondo per le allusioni di Feltri, cui risponde «il legale del Presidente della Camera» e deputato Pdl Giulia Bongiorno che annuncia: «Valuteremo quali iniziative assumere in sede giudiziaria»; e con un Berlusconi altrettanto nervoso per la 'lettera dei 50' annunciata da Bocchino: se non si tornerà ad un clima di dialogo civile nel Pdl, avverte il vicecapogruppo a Montecitorio, «cinquanta voti alla Camera non saranno più scontati», e addirittura potrà nascere «un nuovo gruppo parlamentare».

Insomma, chi si era calato nel tentativo di riconciliare i duellanti, come Ignazio La Russa, ora si descrive come «disperatamente proteso a cercare una riconciliazione». Il faccia a faccia previsto per questa settimana resta dunque in forse, visto che i 'finiani' spiegano che «ancora non è stato fissato».

Anche se poi usano l'immagine dei «missili a Cuba contro gli Usa: alla fine Kruscev e Kennedy si sono parlati...». Così come viene apprezzata la dichiarazione di Francesco Giro a sostegno della candidatura di Renata Polverini alla Regione Lazio.

Ma a far alzare ulteriormente la tensione è arrivata la dichiarazione di Daniele Capezzone che ha difeso l'editoriale di Feltri e accusato chi «non ha difeso il premier dagli attacchi di 'Repubblica'. «Siamo arrivati al punto che il portavoce del Pdl attacca uno dei due fondatori del partito...», osservano gli uomini di Fini. Dichiarazione di cui chiede conto anche il coordinatore Pdl Ignazio La Russa secondo il quale l'editoriale non è altro che «un attacco minaccioso a Fini. Mi aspetto che Capezzone rettifichi e chiarisca il suo pensiero». Rettifica che arriva in serata: non arriva stavolta, però, la presa di distanza di Silvio Berlusconi dall'editoriale del giornale di famiglia.

«Ma Feltri ormai è ingombrante anche per il premier - osservano gli uomini di Fini - non ha capito che un conto è farlo scrivere su Libero, un conto sul suo Giornale... Ma ormai ha sciolto il pitbull, ed è difficile riprenderlo».

I deputati finiani tengono però a marcare le differenze tra i due piani: «Quello di Feltri è giornalismo da quartieri bassi, la nostra è un'iniziativa politica, con cui si dice che An esiste e che la controlla Fini, checchè ne dica la propaganda berlusconiana». I deputati vicini a Fini sono chiarissimi: «Cinquanta deputati è il numero magico. Sono sufficienti per scaricare la pistola delle elezioni anticipate, ma anche, al contrario, per mandare tutti a casa...». Ipotesi affacciate «solo in linea teorica», si affrettano a precisare, ma il messaggio è comunque chiaro; di sicuro bastano per una guerriglia parlamentare in piena regola, per mandare sotto il Governo su quei provvedimenti al centro dello scontro: biotestamento, politica dell'immigrazione, omofobia.

Ma non solo. Il redde rationem potrebbe arrivare ad investire anche l'organigramma del Pdl: «La suddivisione è stata fatta sulla base del 70 a 30, ma se il clima è questo - spiegano i finiani - allora il 30% in quota An deve essere 'vero'». Insomma, Fini potrebbe arrivare a disconoscere come 'suoi' quegli esponenti ex An che ormai lo hanno abbandonato: «E se si dovesse arrivare a questo - dice un deputato a lui vicino - varrebbe per tutti i livelli, a cominciare dai coordinatori».