29 marzo 2024
Aggiornato 07:30

Caracas al setaccio per 72 ore per incastrare il boss Miceli

Non è il primo latitante trapanese trovato in America Latina

Caracas è stata passata letteralmente al setaccio per oltre 72 ore dai carabinieri del reparto operativo di Trapani e dai militari dell'Interpol italiana e venezuelana, che hanno battuto ininterrottamente le strade della capitale del Venezuela per arrivare ad incastrare Salvatore Miceli, il boss originario di Salemi e superlatitante inserito nell'elenco dei 30 più pericolosi e ricercato dal 2001 per associazione di tipo mafioso finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

Il blitz è scattato alle 21, ora locale, del 20 giugno quando il latitante, al termine di un estenuante servizio di osservazione e pedinamento, è stato individuato all'uscita di un appartamento che occupava in un residence nel centro di Caracas. Con lui sono stati fermati due persone, di nazionalità italiana, sul conto delle quali sono in corso accertamenti. Mentre i militari 'puntavano' Miceli, nello stesso momento, altre squadre dell'arma operavano diverse perquisizioni domiciliari a carico di soggetti ritenuti contigui al latitante, trovando materiale ritenuto d'interesse.

Miceli si era reso latitante nel 2001, quando era stato raggiunto da un ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dalla Procura Generale della Repubblica di Palermo, dovendo scontare 6 anni di reclusione per il reato di asociazione di stampo mafioso a seguito dell'operazione "Petrov" condotta dall'Arma di Trapani. Nel 2003, con la moglie Veronica Dudzinski e i figli Mario ed Ivano era stato raggiunto da provvedimento di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Dda di Palermo nell'ambito dell'operazione denominata "Igres" per traffico internazionale di stupefacenti, in ordine ad un 'narcotraffico' tra cosa Nostra, la 'ndrangheta e la mafia colombiana.

FAMIGLIA MAFIOSA DI SALEMI - I collaboratori di giustizia confermano l'inserimento di Miceli all'interno della famiglia mafiosa di Salemi a suo tempo guidata dallo zio, Salvatore Zizzo, e nel traffico di stupefacenti: la Dea americana ha ripreso i suoi incontri con altri importanti personaggi orbitanti nel settore del narcotraffico all'aeroporto di Caracas. Il suo ruolo nell'organigramma di Cosa nostra è confermato anche dai suoi contatti con personaggi del calibro di Giuseppe Silvio Francesco Lipari, detto "Pino", colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere perchè coinvolto nel favoreggiamento della latitanza di Bernardo Provenzano.

A favore di Miceli sarebbero intervenuti anche personaggi del calibro di Matteo Messina Denaro Vincenzo Sinacori quando Giovanni Brusca aveva deciso di ucciderlo per via del fallimento di un traffico di stupefacenti commissionato dallo stesso Brusca. Le attività d'indagine - suscettibili di ulteriori sviluppi - hanno essenzialmente confermato il ruolo di primo piano di Miceli, spiegano i carabinieri, nel settore del narcotraffico e la sua capacità di intessere una fitta rete di relazioni con diversi ambienti della criminalità organizzata transnazionale, resa possibile dalla facilità con cui si muoveva.

La speciale Unità Investigativa costituita per la sua cattura ne aveva tracciato i movimenti in diversi stati del Sud America fino all'occasione della cattura in occasione del suo spostamento in Venezuela. Non è la prima volta che le indagini condotte dai carabinieri di Trapani consentono di individuare il Sud America come luogo di ricetto di latitanti trapanesi. L'arresto di Salvatore Miceli, conclude l'arma, rappresenta "un importante risultato nell'azione di contrasto a Cosa nostra, andando a colpire l'organizzazione in un uno dei suo settori più remunerativi, quello del traffico internazionale di droga".