Berlusconi guarda a UDC. Bossi: «Non a Milano-Torino»
Premier in campo su riforme, convocherà Calderoli per vedere testo
ROMA - Dopo il boom della Lega alle Europee, Silvio Berlusconi e Umberto Bossi siglano un nuovo patto tra «alleati forti e indispensabili», come si sono autodefiniti ieri sera. Il disimpegno del premier dal referendum sulla legge elettorale è la contropartita per il sostegno «forte e convinto» che la Lega garantisce ai ballottaggi delle amministrative che vedono impegnati esponenti del Pdl, in particolare la provincia di Milano e quella di Torino. Un'offerta con cui il leader leghista ieri sera ha aperto la conversazione nella cena di Arcore, spingendosi fino a dare la sua disponibilità per un comizio insieme al premier per sostenere Guido Podestà nel ballottaggio con Filippo Penati.
In cambio dell'impegno leghista a Milano e Torino, Bossi ha posto il veto sull'Udc in quelle due realtà. Discorso aperto invece sugli altri ballottaggi del nord dove i centristi potrebbero essere decisivi, ad esempio Padova e la provincia di Venezia. Ieri Berlusconi ha chiesto al Carroccio di essere «possibilista» su accordi locali con l'Udc, e Bossi ha promesso di ragionarci sopra, magari 'dimenticando' il no di Casini al federalismo fiscale. Dal canto suo il partito di Casini già oggi ha fatto un'analisi del voto in vista dei ballottaggi. Nei prossimi tre giorni i vertici nazionali discuteranno caso per caso con i dirigenti locali delle realtà coinvolte, e già si sta valutando a Milano e Torino - dove dal Pdl nessuno si è fatto sentire - di non dare indicazioni di voto.
Ma oltre ai problemi immediati legati al voto del 21 e 22 giugno ieri sera si è discusso anche degli appuntamenti futuri. Berlusconi ha assicurato alla Lega che rinuncerà alla legge di iniziativa popolare sul numero dei parlamentari, progetto che aveva infastidito non poco Roberto Calderoli, da mesi impegnato in incontri anche con l'opposizione per ripartire dalla 'bozza Violante' e affrontare organicamente, in Parlamento, l'intera partita delle riforme costituzionali. Di contro, Berlusconi ha però intenzione di giocare direttamente anche lui la partita: le riforme non saranno delegate in toto alla Lega come successo per il federalismo fiscale. Tanto che già nelle prossime settimane, compatibilmente con gli impegni internazionali del presidente del Consiglio (il 15 da Obama, il 17 e 18 il Consiglio Europeo) Berlusconi convocherà Calderoli perchè vuole vedere il testo su cui lavora il ministro.
Ancora tutta aperta invece la partita delle Regionali. Ieri si è deciso di aspettare almeno l'esito dei ballottaggi prima di entrare nei dettagli, ma quali che siano, i leghisti sono sicuri di ottenere le candidature in due Regioni: «Contiamo per un terzo nella coalizione, e l'Mpa con il 2% ha la Sicilia. Due regioni è una richiesta assolutamente ragionevole», spiegano. La soluzione ad oggi più probabile vede la Lega ottenere le candidature del 2010 in Veneto e in Piemonte. La Liga Veneta è troppo forte a via Bellerio perchè il Veneto sia sacrificato, e i possibili candidati non mancano: da Luca Zaia a Flavio Tosi, fino alla vicentina Manuela Dal Lago.
In pochi, nella stessa Lega, credono alla possibilità di ottenere la Lombardia, ma in quel caso la seconda regione rivendicata dalla Lega sarebbe necessariamente di minor peso: nel Carroccio si ipotizza la Liguria, dove i leghisti hanno raggiunto la doppia cifra, oppure una regione sicuramente 'perdente' come l'Emilia Romagna. Prospettiva comunque gradita alla Lega perchè gli permetterebbe di continuare a radicarsi al di sotto del Po.
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