E intanto il Congo brucia…
La paralisi internazionale e l’apertura di nuovi fronti condannano il Paese
Continua in Congo l’ondata di odio e violenza. Gli scontri tra l’esercito regolare, stanziati sulle colline davanti la catena del Misisi e a nord presso Rutshuru, e i ribelli vanno avanti ininterrottamente con fasi di maggiore e minore intensità. La tensione si estende anche nei paesi confinanti e nelle sedute dell’Unione africana.
L’Angola, sebbene abbia smentito l’invio di truppe in Congo, non lo esclude in caso di emergenza. I tavoli per la pace riuniti in Kenya non sono riusciti a trovare il bandolo della matassa e si sono conclusi con un clamoroso fallimento. Si spera che il vertice in corso a Johannesburg riesca ad andare oltre alla semplice richiesta del «cassate il fuoco» e l’apertura di corridoi umanitari per soccorrere i civili.
Goma è una città surreale dove la popolazione prova, senza riuscirci ,a continuare la già difficile vita quotidiana sapendo che da un momento all’altro può accadere l’irreparabile. Kinshasa vive invece nell’incertezza politico-militare. Si è aperta una frattura tra i vertici del governo e quelli militari a seguito della sconfitta, inattesa, subita nei giorni scorsi dai ribelli guidati dal generale Nkunda.
Ormai è una sorta di tutti contro tutti. Oltre alle truppe regolari e ai ribelli di Nkunda, la guerra civile registra anche la partecipazione delle milizie di Mai-Mai e quelle degli Interhamwe, estremisti hutu.
Gli aiuti umanitari stentano nel loro compito per ovvie difficoltà belliche oltre che logistiche. Le organizzazioni non governative non riescono a giungere nei campi dei rifugiati in quanto le strade rimangono luoghi di battaglia tra i diversi schieramenti che, al momento, non consentono il passaggio di nessuno.
Il generale Nkunda ora mira alla conquista del sud del Paese. Obiettivo principale è Ngugu, città strategica per l’accesso al Kivu (regione meridionale). Negli scontri con le milizie Mai-Mai e contro gli hutu a farne le spese sono 100.000 persone rimaste bloccati al centro delle ostilità. Per loro è cominciato un esodo forzato e pericoloso verso Goma.
L’Unione africana si sta dimostrando incapace di risolvere l’emergenza. Le tensioni preesistenti tra gli stati membri sembrano condizionare, in senso negativo, ogni risoluzione. L’Onu, presente con 6000 caschi blu, ha ricevuto l’ordine di difendere con ogni mezzo la zona intorno a Goma. Anche l’Europa sembra ancora indecisa sul da farsi: è stato bocciato il piano di un invio di truppe e si è optato la via del dialogo e della diplomazia.
E intanto il Congo brucia…