3 ottobre 2025
Aggiornato 06:30
Il Governo e i Decreti Legge

Decreti: Fini fredda Berlusconi

Finocchiaro: «il parlamento ridotto ad un intralcio»

Prima Silvio Berlusconi annuncia che governerà sempre di più a colpi di decreti legge, imponendo al Parlamento l'approvazione dei decreti proposti e delegittimandolo, di fatto, della sua funzione. Poi arriva Fini e lo fredda. «Il ricorso ai decreti legge – ha ammesso il presidente della Camera - rientra tra le prerogative del governo. Un eventuale abuso di questo strumento – ha quindi aggiunto - non solo determinerebbe valutazioni di tipo politico, ma anche il diritto della Camera di far sentire la propria voce».

Fini ha assicurato che di tali questioni si occuperà quanto prima l'Ufficio di presidenza di Montecitorio, anche per studiare le ipotesi di modifica del regolamento della Camera, che «potrebbero garantire che l'equilibrio tra efficienza delle istituzioni e centralita' del Parlamento, fino a quando la Costituzione non sara' modificata, venga non soltanto declamato, ma garantito».

Sulla questione, a distanza di poco tempo, a palazzo Madama è il presidente del Senato Schifani ad intervenire. Non c'è «nessuna anomalia», dice. E l'opposizione insorge: «Con tutto il rispetto istituzionale, vorrei ricordare a Renato Schifani che egli è pro-tempore presidente del Senato e non vicepresidente del Consiglio», commenta il senatore del Pd Franco Bruno, che aggiunge: «Il presidente del Senato ha il dovere di difendere le prerogative del Parlamento come ha fatto, nelle stesse ore, il presidente della Camera Fini».

Anche alla Camera l'opposizione attacca a testa bassa, con Casini che parla di «un problema istituzionale di rapporto tra Parlamento e Governo» e teme che con la prossima Finanziaria si arriverà all'abolizione «degli enti inutili e tra questi ci sarà il Parlamento». E il Pd con Soro si appella a Fini: «Lei è il garante della Camera e ha giurato fedeltà alla Costituzione vorremo avere un punto di riferimento in cui ci fidiamo - è il richiamo di Soro -. L'unico modo per superare questa difficoltà è che lei chieda a Presidente Consiglio di venire ora in Parlamento». D'altro canto, sottolinea il Pd, Berlusconi sino ad ora non ha mai presenziato al question time. Fini ascolta e, ancora, assicura: «Sarà cura del presidente della Camera che la disponibiltà» assicurata dal premier «si traduca in realtà».

Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd, rincara la dose e si rivolge ai colleghi della maggioranza che immagina non particolarmente «gratificati dall'essere considerati appartenenti
ad un organo essenziale della nostra democrazia che viene considerato come un inciampo sulla strada del governare».

A difendere il presidente del Consiglio rimane solo il presidente del Senato Renato Schifani, convinto che sia il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con la sua «saggezza» a decidere se firmare o meno un decreto legge, garantendo così l'equilibrio democratico. Ma cosa succederebbe se al suo posto ci fosse Silvio Berlusconi? Per il segretario del Pd, Walter Veltroni, non è una cosa fattibile. «Oggi al Quirinale - spiega in una intervista all«Espresso - c'è Giorgio Napolitano, in precedenza ci sono stati Carlo Azeglio Ciampi, Oscar Luigi Scalfaro, persone che hanno fatto il bene del Paese. È un luogo dove devono esserci figure che garantiscano la Costituzione, conoscano le regole del gioco, rispettino le opinioni di tutti, accettino il dissenso. Tutto ciò che Berlusconi non è. Ho visto che Bossi ha detto che per lui Berlusconi al Quirinale andrebbe bene. Per me no: non va bene. Per fortuna il problema non si pone: fino al 2013 al Quirinale ci sarà Napolitano, una garanzia per tutti».

G.R.