Nazioni Unite: scontro tra Israele e Iran
Dura replica di Livni alle richieste di Teheran
Ancora una volta, all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, i riflettori sono tutti puntanti sull'Iran. I lavori per i Paesi membri costituiscono un'occasione di rafforzare le rispettive posizioni in seno all'organizzazione planetaria. In questo senso l'ingresso nel Consiglio di Sicurezza rappresenta il traguardo più ambito. Per questo Teheran si è subito candidata per uno dei dieci seggi non permanenti del Consiglio stesso, libero da gennaio, che per statuto spetta all'Asia e che attualmente è occupato dall'Indonesia. Un'ipotesi bollata come insensata dal ministro degli Esteri israeliano e neo-premier incaricato, Tzipi Livni. «E' assurdo», ha sbottato la signora Livni, «che uno Stato il quale non ha paragoni nel minacciare la sicurezza dei suoi vicini, e invoca la distruzione di un altro Stato, possa diventare membro di un organo il cui obiettivo consiste nel favorire la sicurezza globale. Significherebbe permettere che un delinquente divenga il proprio stesso giudice», ha rincarato la dose la fresca numero uno del partito Kadima.
Martedì, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad aveva parlato dalla tribuna dell'Assemblea Generale, producendosi nell'ennesima tirata contro le «angherie» delle «arroganti Potenze» occidentali, promettendo la «resistenza» del suo popolo nei confronti delle «pretese illegittime» in campo nucleare, e lanciando l'ennesima filippica contro Israele. «Il regime sionista», aveva ammonito Ahmadinejad, «è avviato sulla china del crollo definitivo, e non esiste modo per tirarlo fuori dal pozzo nero che esso stesso e i suoi sostenitori hanno creato». L'invettiva proseguiva nella denuncia di una presunta manipolazione di americani ed europei da parte di un «gruppuscolo di sionisti mendaci», i quali tra l'altro controllerebbero «i centri finanziari e monetari» del pianeta. Cioè, secondo il leader di Teheran, responsabili dell'immane crisi economica in corso.
Come ha osservato il presidente israeliano Peres, le parole di Ahmadinejad sembrano riecheggiare le accuse contenute nei «Protocolli degli Anziani di Sion», il libello antisemita che ebbe larga diffusione in Europa nei primi del Novecento, tuttora ampiamente letto nel mondo islamico. «E' la prima volta nella storia delle Nazioni Unite che un capo di Stato si presenta lanciando le orribili accuse dei 'Protocolli'», ha detto Peres dopo il discorso di Ahmadinejad, secondo quanto riporta il sito web del quotidiano Haaretz. «Non era mai avvenuto in questo palazzo o alle Nazioni Unite». «Ahmadinejad crede di essere la suprema autorità nell'arena mondiale, ma non ha alcun diritto di decidere chi sono i buoni e i cattivi», ha proseguito Peres.
L'ammonizione del presidente israeliano è stata amplificata, oltre che dal nuovo premier, anche dal titolare delle Infrastrutture, il laburista Binyamin Ben-Eliezer che ha sollecitato l'Occidente a isolare totalmente il regime degli ayatollah, e a comportarsi senza ambiguità nei suoi confronti; Ben-Eliezer ha anzi messo in guardia gli stessi Paesi arabi di confessione sunnita, avvertendo che sarebbero loro le prime vittime di un'arma atomica degli sciiti di Teheran.
Si tratta di una nuova occasione persa per la repubblica islamica. Il suo ruolo in medioriente la renderebbe una dei principali protagonisti del futuro di quella regione, un mediatore tra oriente e occidente che possa realizzare la sintesi politica necessaria a superare le grandi spaccature che ancora tormentano la regione. Eppure il presidente Ahmadinejad sfugge al ruolo, preferisce la scorciatoia populista alla diplomazia istituzionale. Preferisce essere aggressivo, almeno a parole, piuttosto che ragionevolmente aperto ad un dialogo necessario e prezioso.
Un dialogo che potrebbe essere utile anche nella recente crisi georgiana. Tutt'altro che risolta e che anzi il presidente ucraino ha contribuito ad evidenziare a New York.Viktor Yushchenko, infatti, intervenendo di fronte all'Assemblea ha parlato dell'assoluta condanna della violazione dell'integrità territoriale delle Georgia e non riconosce l'indipendenza di Abkhazia e Ossezia del sud», accolta per ora solamente dalla Russia e dal Nicaragua. «L'Ucraina - ha detto Yushchenko - condanna con decisione la violazione dell'integrità territoriale e dell'intangibilità dei confini e l'annessione del territorio georgiano (da parte della Russia, ndr) con mezzi militari». Kiev, ha continuato il presidente filo-occidentale, «non riconosce l'indipendenza delle Repubbliche autoproclamatisi di Abkhazia e Ossezia del sud». «L'Ucraina - ha detto Yushchenko, concludendo il suo intervento - non riconosce e condanna i tentativi illegali e le mire separatiste a scapito del territorio di qualsiasi Stato».
G.R.