La sconfitta del millennio
di Maite Bulgari
Questo giovedì 25 settembre avrà luogo a New York, nel Palazzo di Vetro, un importante incontro tra capi di Stato e di governo con i rappresentanti della società civile e delegati delle Nazioni Unite per analizzare a che punto siamo arrivati nel raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. Non è un appuntamento felice e la situazione è piuttosto drammatica.
Sono trascorsi otto anni dalla presentazione della Campagna del Millennio e ne mancano ancora sette al traguardo del percorso, concordato per il 2015, ma l’obbiettivo di sconfiggere la povertà e la fame nel mondo ormai è lontano da essere raggiunto nel tempo stabilito.
Con i tagli drammatici previsti dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che dimezzano le risorse stanziate per la cooperazione, sarà molto interessante vedere le proposte con cui si presenterà la delegazione del governo italiano davanti alla comunità internazionale in questo importante appuntamento.
La settimana scorsa a Roma sono stati organizzati due incontri importanti sull’argomento e abbiamo potuto sentire la posizione della squadra del governo attuale e -oltre i gravi tagli perpetrati alla cooperazione- si può assicurare che la loro volontà politica verso il settore non è affatto incoraggiante.
Nel convegno «La priorità dell'Italia per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio», lanciato dalla Campagna Onu del Millennio, il sottosegretario agli Esteri, Vincenzo Scotti, ha sottolineato che è « arrivato il momento per l'Italia di cambiare marcia, di sperimentare nuove forme di finanziamento per la cooperazione con un maggiore coinvolgimento delle imprese nel reperimento delle risorse. L'architettura generale della cooperazione è migliorabile, ma ciò su cui ci si deve concentrare oggi sono le piccole cose che bloccano dall'interno il meccanismo e potrebbero invece essere migliorate da subito per accelerare le procedure».
Per sua parte, la responsabile dea DGCS, Elisabetta Belloni, nel seminario «Siamo ancora in tempo? L'Italia e gli Obiettivi del Millennio», organizzato da Link 2007, dichiarava che « i tagli durissimi alla cooperazione allo sviluppo previsti in finanziaria, devono diventare un'occasione importante per avviare una riflessione seria su che cosa sia la cooperazione e razionalizzare e rendere più efficace il lavoro all'interno della direzione generale della Cooperazione allo sviluppo», aggiungendo che considera fondamentale una «razionalizzazione del lavoro intesa come accelerazione delle procedure di approvazione, controllo e monitoraggio dei progetti, in un contesto normativo che non e' sempre chiaro». Il nuovo direttore della Cooperazione, non crede «in una grande riforma della cooperazione» ma ritiene che «siano indispensabili alcuni correttivi».
E’ evidente che entrambi puntano più alla efficacia degli aiuti che all’aumento dei fondi. La questione è che entrambe le scelte non dovrebbero essere escludenti. Come si è visto nell’ultimo summit ad Accra, l’efficacia degli aiuti è diventato un tema prioritario nell’agenda internazionale e come tale deve essere considerato, ma rassegnarsi al drammatico taglio inferto alle risorse per la cooperazione significa adottare una posizione politica molto chiara. Paesi come la Germania, il Regno Unito o la Spagna, in un contesto di crisi economica internazionale che colpisce tutti, non hanno tagliato affatto i loro fondi. Senza risorse si rischia di azzerare qualsiasi impegno italiano nel settore e si compromette seriamente la credibilità del nostro paese ospitante del prossimo G8. Sarebbe necessario invece trovare le risorse e dare un segnale di volontà politica molto chiaro.
La decisione del Governo di tagliare nel corso del prossimo anno di oltre la metà gli aiuti allo sviluppo riducendoli così allo 0,1 % del PIL, è in aperta contraddizione con gli impegni assunti dal nostro paese in sede internazionale che, per raggiungere gli Obiettivi del Millennio, avrebbe dovuto realizzare invece un incremento di questi investimenti fino allo 0,51 % del PIL entro il 2010 e allo 0,7 % nel 2015.
Il capitolo efficacia e qualità dei fondi rientra invece nella voce «riforma». La nostra legge sulla Cooperazione è vergognosamente obsoleta e «alcuni correttivi» non basteranno a modernizzare il settore e dotarlo degli strumenti necessari per poter attuare interventi di cooperazione coordinati, efficaci e trasparenti.
Occorre un salto di qualità in termini culturali. Coinvolgere le aziende, le fondazioni e i privati nel reperimento dei fondi è sicuramente inevitabile ma senza dimenticare il carattere strategico e prioritario della cooperazione nella agenda politica internazionale del nostro paese. La politica di cooperazione si basa su un principio di solidarietà e forma parte delle politiche di sviluppo, così come gli Obbiettivi del Millennio sono un elemento fondamentale di una strategia internazionale per lo sviluppo globale che ha come scopo risolvere l’inaccettabile squilibrio delle ricchezze tra nord e sud del mondo, fonte sicura di meccanismi di destabilizzazione. E’ necessario un segnale positivo da parte della Farnesina ai partner internazionali, un segnale di volontà politica che includa gli Obiettivi del Millennio all'interno dell'agenda politica italiana
Occorre inoltre attuare un salto di qualità in termini organizzativi. L’efficacia vuole strumenti giusti. Gli accordi di Accra di ridurre la frammentazione degli aiuti e aumentare il loro valore rispetto al denaro speso, hanno bisogno di una struttura di coordinamento con autonomia e responsabilità politica proprie. Ci vuole una figura politica di riferimento e una direzione dotata di strumenti adeguati a risolvere i bisogni attuali di una attività molto complessa.
La semplificazione in tema di procedimenti amministrativi e regole di contabilità dello Stato per alcuni interventi di cooperazione non deve essere realizzata attraverso decreti ministeriali e sottratta così al vaglio parlamentare.
Rinunciare a una riforma profonda di modernizzazione del settore che finalmente riconosca alla cooperazione un ruolo di merito e la liberi da vecchi e pesanti legami che ormai non hanno più senso, è un’altra scelta politica poco lungimirante.