19 aprile 2024
Aggiornato 01:30
Biodiversità

Decreto rete natura 2000

La LIPU: «Toccarlo sarebbe atto grave e irresponsabile»

«Rivedere al ribasso il decreto sulla Rete Natura 2000 sarebbe un atto grave, infondato e profondamente sbagliato, tale da costituire un clamoroso passo indietro rispetto agli impegni internazionali del Paese in tema di tutela della biodiversità. Alla conservazione della natura va invece data priorità, a soli due anni dalle scadenze internazionali». E’ il commento preoccupato della LIPU-BirdLife Italia alle dichiarazioni del Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Zaia circa il decreto del Ministero dell’Ambiente sulla conservazione dei siti della Rete Natura 2000.

«Il decreto, - spiega Claudio Celada, Direttore Conservazione Natura LIPU-BirdLife Italia - giunto dopo anni di attesa e lunghissime fasi di valutazioni tecniche e confronto con le regioni, è il principale e in un certo senso unico strumento specifico di conservazione della biodiversità nei siti della Rete comunitaria di aree protette. Si tratta quindi, ad oggi della sola vera risposta normativa strutturale che l’Italia fornisce al Piano d’azione europeo per la conservazione della biodiversità, in particolare di ZPS e ZSC, la cui scadenza è prevista nel 2010».

«Persino la Corte Costituzionale, bocciando sonoramente i ricorsi delle regioni Lombardia e Veneto, ha sottolineato l’importanza di quell’atto e la necessità che esso vedesse finalmente la luce e trovasse ricaduta concreta. Intervenire su uno strumento di questa importanza e così a lungo discusso, valutato, rifinito, sarebbe quindi un’iniziativa che non trova ragione se non, temiamo, nell’ennesima pressione sviluppata da una parte del mondo venatorio».

«E tuttavia, se anche così fosse – continua Celada - la cosa resterebbe incomprensibile, perché il decreto contiene un numero esiguo e persino insufficiente di misure sull’attività venatoria, atte a porre regole minime per la tutela delle specie di uccelli che frequentano le ZPS. Sfugge totalmente alla comprensione, dunque, a cosa il Ministro Zaia si riferisca quando parla di «forti limitazioni», «misure arbitrarie» o addirittura «paradossali» , anche considerando che in assenza di misure di conservazione specifiche, per la caccia così come per le altre attività potenzialmente impattanti, nei siti della Rete dovrebbero vigere le rigide misure di salvaguardia previste dalla legge 394, tra cui il divieto assoluto di caccia».

Il risultato ottenuto con l’emanazione del decreto – aggiunge Celada - è in realtà eccellente da più punti di vista: esso infatti ha risolto la grave incertezza normativa che in precedenza dominava; ha fornito una prima risposta importante alla procedura di infrazione 2131/06, che è bene ricordarlo, è ad oggi ancora aperta; ha permesso lo sblocco di finanziamenti comunitari per l’agricoltura e per tutte una serie di attività di protezione e monitoraggio da parte delle regioni italiane; ha trovato un punto di caduta più che accettabile per le diverse categorie interessate, salvo per quelle non vogliono vederlo. Riaprire oggi la questione del decreto Rete Natura 2000 sarebbe dunque un atto irragionevole e un errore grave, che siamo certi né il Ministro Prestigiacomo, né il Ministro Zaia, né il Ministro per le Politiche Europee Ronchi vorranno commettere».

«E’ invece opportuno –conclude Celada- attivare una prima valutazione sullo stato di recepimento del decreto a livello regionale ed anzi incentivare le azioni strutturali per la tutela della biodiversità. Così come è urgente agire affinché la Commissione europea chiuda positivamente la procedura di infrazione per il cattivo recepimento della Direttiva Uccelli, di cui sono ancora vari i punti che risultano insoddisfatti».