24 aprile 2024
Aggiornato 04:30
Israele attende l’esito della primarie di Kadima per avere più chiare le idee sul proprio futuro

Israele, in arrivo il successore di Olmert

Primarie di Kadima, favoriti Livni e Mofaz

Israele attende l’esito della primarie di Kadima per avere più chiare le idee sul proprio futuro. Domani 17 settembre, infatti, è il giorno in cui verrà ufficialmente deciso il successore di Ehud Olmert alla guida del partito e, verosimilmente, anche a quella del governo, dato che secondo la legislazione israeliana il capo del partito di maggioranza è anche il capo dell’esecutivo. Tzipi Livni e Shaul Mofaz: sembra essere ristretta a loro la contesa. Candidati, ma con pochissime chance di spuntarla, anche Avi Dichter e Meir Sheetrit.

Olmert, che oggi incontra Abu Mazen per l’ultimo atto ufficiale da premier, dovrebbe annunciare le sue dimissioni subito dopo avere conosciuto i risultati delle primarie. Il primo ministro è coinvolto in uno scandalo giudiziario, in cui è sospettato di avere ricevuto illegalmente decine di migliaia di dollari da agenzie pubbliche e da un finanziere americano.

I due principali candidati alla successione, intanto, stanno da tempo cercando di guadagnarsi consensi nella base di Kadima. Dentro quest’ottica va visto l’annuncio fatto ieri 15 settembre da Shaul Mofaz, che, in caso di vittoria, si è detto pronto a formare una nuova coalizione di governo già prima delle elezioni municipali previste per il prossimo 11 novembre. L’obiettivo, ha detto Mofaz, è «mantenere la stabilità» ed evitare un esito del voto che sarebbe «contrario agli interessi del Paese».

Da parte sua, l’attuale ministro degli Esteri Tzipi Livni non ha fatto promesse in tal senso, ma ha già chiarito che il suo primo atto sarebbe l’interruzione dei colloqui con la Siria, che al momento procedono grazie alla mediazione della Turchia. I sondaggi la premiano. Secondo i dati forniti da Channel 10, il capo della diplomazia israeliana avrebbe ben 19 punti percentuali di vantaggio sull’attuale ministro dei Trasporti: Livni, in sostanza, potrebbe contare sul 47% delle preferenze contro il 28% di Mofaz e il 6% di Sheerit e Dichter.

Intanto, a pochissimi giorni dalla sua uscita di scena
politica, Ehud Olmert prova a lasciare un buon ricordo di sé. Ha infatti sollecitato la conclusione di un accordo di pace, anche parziale, con l’Autorità Nazionale Palestinese, definendone possibile il raggiungimento addirittura prima che al proprio posto s’insedi il successore. Un’eventualità, questa, che però la stessa ANP ha sempre escluso e che ha ribadito anche oggi, esprimendo la volontà di raggiungere un patto completo, che non lasci aperta nessuna questione.

Nella sua ultima audizione alla Knesset (il parlamento monocamerale dello Stato ebraico) ha messo in guardia tutti contro il rischio di dilazionare ulteriormente un’intesa con l’ANP. «Ogni giorno che passa senza arrivare ad un accordo con i palestinesi, è un giorno che in futuro potremmo rimpiangere». Il prezzo pagato in termini territoriali, ha spiegato, se già adesso appare «molto elevato», potrebbe divenire addirittura «insostenibile» un domani. «L’idea di una grande Israele è finita, non esiste nulla del genere e chiunque sostenga il contrario s’inganna da solo».

Secondo Olmert, la pace immediata possibile può riguardare «i confini, la sicurezza e i rifugiati». A quel punto, ha affermato «per la prima volta sarà chiara la forma che prenderà una Stato palestinese e avremo una frontiera internazionalmente riconosciuta. Io per primo – ha ammesso – ero solito pensare che la terra tra il fiume Giordano e il mare fosse tutta nostra. Alla fine, però, dopo un lungo e tortuoso percorso, sono giunto alla conclusione secondo cui dobbiamo dividerla con gli altri che vivono qui insieme a noi».

Un’esortazione, quella di Olmert, che sa più di testamento politico che di reale possibilità di raggiungere un accordo nel breve periodo. Fonti dell’ANP, infatti, hanno già replicato, ribadendo che rimangono «divergenze reali» su tutti i problemi principali. Abu Mazen, d’altronde, ha sempre professato la necessità di raggiungere un accordo che sia esaustivo e che non lasci indietro questioni aperte. Scetticismo hanno manifestato anche gli stessi alleati di governo di Olmert, a cominciare dal vice primo ministro Haim Ramon, il quale aveva liquidato come improbabile un accordo con l’Autorità Palestinese, non solo entro l’anno in corso, ma anche entro il prossimo.

Stefano Cagelli