Enrico Letta: «Ora è allarme rosso. Dialoghiamo con l’Udc»
Intervista di Francesca Schianchi - La Stampa
Un partito da allarme rosso», percorso dal «virus della «minoranzite», che porterà alla distruzione il Pd». Ospite alla Festa democratica, il ministro ombra del Welfare, Enrico Letta, lancia un sos.
E, a due giorni da VeDrò, il network generazionale che organizza in Trentino, propone a Veltroni la sua ricetta: «Primarie per tutto e battaglia per il voto di preferenza». Da fare con il leader dell’Udc: «Firmerò la sua petizione».
Il Pd litiga ovunque. E’ fisiologico o state superando il livello di guardia?
«Io penso si sia superato il livello di guardia, e lo dimostra il Tribunale sardo (una parte del Pd chiede di annullare l’elezione della segretaria regionale, ndr). Per questo lancio un allarme, forte e accorato: si sta diffondendo nel partito il virus della «minoranzite», si sta meglio in minoranza, così non ci si confronta con i problemi reali.
Un virus che porterà alla distruzione il Pd. Perché mettere in discussione Soru significa preferire perdere, e magari poter fare con il centrodestra accordi che Soru non permette di fare. Così com’è un errore mettere all’angolo Chiamparino, una delle migliori risorse del partito: ci tengo a esprimere solidarietà a entrambi».
Anche a livello nazionale certe iniziative sembrano correnti.
«Dobbiamo trovare un modello di partito del 2008: una via moderna perché coesistano leadership, capacità decisionale e pluralismo. Io sono per il pluralismo interno contro il centralismo democratico: bene il dibattito di fondazioni e centri di ricerca, poi si deve trovare le modalità per rendere tutto positivo».
Forse ha ragione chi dice che fate una festa senza un partito...
«C’è una festa da cui cominciare a fare un partito, e dove mi auguro si dibatta sulle strategie: vogliamo tornare in maggioranza o ci piace l’idea, tipica di una certa sinistra italiana, che è meglio governare alcune regioni e restare all’opposizione nel governo nazionale? D’altronde il Pd nasce ora: paghiamo la scorciatoia delle elezioni ancitipate, e il disastro della caduta di Prodi. Siamo un partito da allarme rosso, abbiamo davanti temi che non possiamo eludere».
C’è chi chiede il congresso...
«Ho già detto che per me sull’ipotesi congresso non c’è problema. Dobbiamo affrontare le questioni organizzazione interna e congresso in tempi brevi: ma non mi convince chi, come Cofferati, dice «congresso ma non è in discussione Veltroni». Una posizione da ex Pci: il Pd non è l’ex Pci».
Ora come si cura questo «partito da allarme rosso»?
«Con tre interventi. Primo: primarie da applicare ovunque ci sia da fare una selezione di candidati, accanto a un vero radicamento territoriale. Secondo: dobbiamo batterci perché torni il voto di preferenza alle politiche, e resti alle europee. Io penso che firmerò la petizione lanciata dal leader dell’Udc Casini, e credo che dovremmo condurre con lui questa battaglia. Terzo: concretezza dei temi, capacità di essere nazional-popolari».
Vorrebbe aprire un dialogo con l’Udc?
«Se il partito di Casini tornasse nel centrodestra e noi non lo evitassimo, per il Pd sarebbe un disastro, perché l’idea di un’intesa con l’Udc è una prospettiva politica importante. Se salta quest’ipotesi la vedo ancora più grigia. Ma non dobbiamo essere passivi: lottare con loro per il voto di preferenza è un tema».
Con la Lega sul federalismo?
«Il federalismo fiscale è il grande tema dell’autunno, il Pd non può estraniarsi. Dobbiamo parlare col governo, ma è sbagliato immaginare un canale preferenziale con la Lega. Dobbiamo piuttosto approfondire il dialogo con governatori di centrodestra che sono più attenti a questi temi e disposti a un confronto con noi: penso a Galan e Formigoni».
Con Di Pietro vi dovete alleare in Abruzzo?
«Bisognerà vedere sulla base del programma. Certo, a livello nazionale, in questo momento, siamo molto distanti».
Molti vi criticano un’opposizione troppo morbida.
«L’opposizione si fa sulle cose, e dipende molto da quello che fa il governo. Ora resta la loro luna di miele: a voltare pagina sarà la vicenda Alitalia. Non appena gli italiani vedranno le pecche del governo, saremo pronti con le nostre controproposte.
Ma mi sembra ingeneroso prendersela sempre con Veltroni, e spocchiosa la posizione di chi, come Bassolino, non aderisce alla raccolta firme: c’è uno strano clima mediatico, un anno fa Veltroni era Re Mida, ora qualunque cosa fa è criticato. Non mi piace la critica a prescindere: io ho firmato, faccio la mia parte».