28 agosto 2025
Aggiornato 12:00
Intervista di Federica Fantozzi - L'Unità

Claudio Burlando: «Evasione fiscale, condoni, fondi neri. Sul federalismo il governo parli chiaro»

«In Europa esistono due esempi opposti, Francia e Germania, che funzionano bene: il centralismo statale nell’uno, i laender fortissimi nell’altro»

Presidente Burlando, il federalismo è dietro l’angolo?
«In Europa esistono due esempi opposti, Francia e Germania, che funzionano bene: il centralismo statale nell’uno, i laender fortissimi nell’altro. Quindi, entrambe le strade sono possibili. La cosa peggiore è la nostra via di mezzo».

Perché e colpa di chi siamo in mezzo al guado?
«La riforma del titolo V era una buona strada, poi abbandonata. Avrebbe evitato molti conflitti di attribuzione».

Approva anche il metodo, l’approvazione a maggioranza?
«Si può discutere. Quel voto discese dal tradimento dei patti della Bicamerale. Il dato è che poi è seguita una legislatura persa dietro alla bandierina della devolution. Spazzata via dal referendum: 5 anni persi».

Da cosa si riparte?
«Spero da un progetto serio che consolidi i poteri federalisti. Dopo 40 anni serve un assetto stabile. Basta con il bagnomaria».

Quali sono i pericoli per le regioni del Sud?
«Va difeso l’equilibrio Nord-Sud. Applicare il federalismo in un Paese a due velocità è difficile. Se si manifesterà in modo egoistico, guai».

Punto primo, federalismo solidale?
«Le differenze tra regioni forti e deboli sono troppe per ignorarle. Ma senza paternalismo: il Sud deve diventare più efficiente e razionalizzare la pubblica amministrazione. La Sicilia ha 20mila dipendenti...».

Le piace il meccanismo che premia gli enti virtuosi?
«Sì. Bisogna difendere la fiscalità come strumento di redistribuzione di servizi, e tagliare gli sprechi.Certo, con equilibrio: il PdL governa anche nel Sud».

Altri punti cardine?
«Coinvolgere, oltre a Stato e regioni, anche comuni e province. Gli enti locali hanno un ruolo da secoli e non si può fare un’operazione «contro» di loro. Mi pare che Calderoli lo abbia capito».

Come valuta l’ipotesi di perequazione diretta tra regioni bypassando Roma?
«In Germania, tra i laender, il fondo perequativo funziona in modo diretto. È un meccanismo molto interessante».

Il suo collega Loiero lo considera inaccettabile.
«Riflettiamo meglio. Si introduce un processo solidale diretto senza la mamma centrale. Creerebbe una grande forza di coesione interna al sistema regionale».

Non teme l’elemosina dei ricchi ai poveri?
«Questo vale anche se l’elemosiniere è lo Stato».

C’è polemica sui «privilegi» delle regioni a statuto speciale. Necessari o obsoleti?
«Prima o poi bisognerà rivederli. Alla fine, è un sistema per coprire inefficienze o garantire situazioni fuori da ogni logica. In Trentino sono così ricchi da non averne più bisogno. La questione va affrontata, con gradualità».

Qual è il maggior problema da risolvere per passare il guado?
«È giusto individuare alcune materie di competenza esclusiva regionale come salute, scuola e aggiungerei turismo. Ma il cuore sarà nel passaggio da spesa storica a spesa standard definendo livelli uguali per tutti. I servizi erogati devono essere gli stessi per chi vive a Genova o a Barletta».

Armonizzare le prestazioni avrà un costo altissimo...
«All’inizio certo. I costi saranno diversi a seconda della regione. L’obiettivo è proprio, passare da costo storico a uno standard tagliando gli sprechi. Ovviamente servirà una fase transitoria».

Il governatore siciliano Lombardo chiede 10 anni.
«Mi sembra un modo per non fare la riforma. Si discute fra 3 e 5».

Vede punti deboli nell’impianto del disegno di legge?
«La responsabilizzazione dei cittadini deve partire dalla fiscalità: prelievo, accertamento, lotta all’evasione. Il centrodestra non ha bei precedenti alle spalle: veniamo da 20 condoni. Le tasse italiane sono alte, ma l’emergenza è l’emersione del sommerso».

Insomma non si fida?
«Il governo dica da che parte sta su condoni edilizi e fiscali, sull’elusione, sul rientro di fondi esteri in modo anonimo. Negli anni scorsi è rientrato di tutto, compresi soldi della malavita organizzata».

La sua Liguria ha da perdere o da guadagnare?
«Io ho risanato molto, ora vorrei ridurre le tasse ma lo Stato non me lo consente. Con la perequazione diretta me la vedrei con Errani o Formigoni e risolverei... C’è poi il regime delle entrate portuali, il 60% della nostra economia. Il nostro Pil industriale è più basso del Piemonte, ma più alto per accise ed entrate doganali».

Chiede al governo di attuare la norma della Finanziaria di Prodi che lasciava alle regioni l’extragettito portuale?
«Guardino alla specificità regionale. Il federalismo fiscale è anche questo. Così la Liguria realizzerebbe infrastrutture di rilievo nazionale».