20 aprile 2024
Aggiornato 01:30
robotica

La mano bionica che dà speranza alle persone amputate

La mano bionica è stata sviluppata grazie a una collaborazione tra l’Inail e l’Istituto italiano di tecnologia (IIT). Restituisce il 90% delle funzioni naturali dell'arto

ROMA - E’ in grado di restituire a chi ha subito l’amputazione dell’arto superiore circa il 90% della funzionalità perduta, a un costo decisamente inferiore rispetto alle soluzioni implementate in passato. Si chiama Hannes ed è la «mano» bionica sviluppata dal Rehab Technologies Lab, il laboratorio congiunto nato nel dicembre 2013 dalla collaborazione tra l’Inail e l’Istituto italiano di tecnologia (IIT). Il suo nome è un omaggio al professor Hannes Schmidl, già direttore tecnico del Centro Protesi Inail di Vigorso di Budrio, a cui si deve l’avvio dell’attività di ricerca protesica e la prima protesi mioelettrica Inail-Ceca del 1965.

Il dispositivo agisce direttamente in assenza di intervento chirurgico ed è stato progettato affinché conformazione, peso e qualità dei movimenti siano quanto più possibile equiparabili a quelli di una mano reale, per far sì che le persone amputate percepiscano la protesi come una parte di sé e non come un elemento estraneo. La sua peculiarità risiede nella parte meccanica, che è unica nel suo genere e conferisce alla mano poliarticolata versatilità e naturalezza nel movimento, elementi che la caratterizzano insieme alla resistenza dei materiali e alla semplicità d’uso.

Il meccanismo alla base del movimento delle dita, della forza e del tipo di presa dipende dal sistema DAG – acronimo di Dynamic Adaptive Grasp – brevettato dal team IIT–Inail, che conferisce alla mano protesica la capacità di afferrare gli oggetti adattandosi alla loro forma e di resistere alle eventuali sollecitazioni esterne, perseguendo l’obiettivo di replicare la gestualità e la funzionalità dell’arto naturale, utilizzando un singolo motore. Le caratteristiche di costruzione del dispositivo consentono alla batteria di coprire fino a una giornata intera di utilizzo.

Le dita si piegano e possono assumere una postura naturale anche a riposo. Il pollice, in particolare, è orientabile in tre diverse posizioni e rende possibili i tipi di prese necessarie nella vita di tutti i giorni: «pinch grasp», pollice e indice in opposizione, per manipolare oggetti di piccole dimensioni come una penna o un chiodo, «power grasp», una presa che consente di spostare oggetti di peso elevato, fino a circa 15 chilogrammi, e «lateral grip», per afferrare oggetti molto sottili come fogli o carte di credito. Il sistema comprende, inoltre, un polso che può piegarsi in cinque posizioni e attuare la prono-supinazione attiva, permettendone il movimento rotatorio in entrambe le direzioni.

Il sistema di controllo di Hannes è di tipo mioelettrico, sfrutta cioè gli impulsi elettrici che provengono dalla contrazione dei muscoli della parte residua dell’arto, e implementa strategie basate su algoritmi di intelligenza artificiale. Questa tecnologia fa sì che i pazienti possano comandare la mano semplicemente pensando ai movimenti naturali e senza la necessità di alcun trattamento chirurgico invasivo. I due sensori che ricevono e interpretano il segnale elettrico proveniente dal cervello, attivando il movimento desiderato del polso o della mano, sono infatti posizionati all’interno dell’invaso della protesi, la parte a contatto con l’arto residuo, risultando così invisibili all’esterno e impercettibili dal paziente.  

Per garantire il massimo livello di personalizzazione, il Rehab Technologies Lab ha realizzato un software che si collega alla mano robotica via Bluetooth e consente di calibrare i suoi parametri di funzionamento in base alle esigenze e alle caratteristiche di chi la indossa. Il dispositivo, che ha ottenuto il marchio CE come prodotto di classe 1 e sarà disponibile a partire dal 2019, è stato realizzato in due taglie e in versione destra e sinistra. È inoltre dotato di differenti soluzioni cosmetiche, con guanti di rivestimento diversificati per uomo a donna.