19 marzo 2024
Aggiornato 08:00
rapporto cerved

Industria 4.0, le PMI crescono più in fretta e ricominciano a investire

Il Rapporto mostra che si è rafforzato e ha preso slancio l’aumento del numero delle PMI grazie soprattutto alla crescita registrata dalle microimprese

Industria 4.0, le PMI crescono più in fretta e ricominciano a investire
Industria 4.0, le PMI crescono più in fretta e ricominciano a investire Foto: Shutterstock

MILANO - Cresce il numero delle PMI italiane, con una redditività vicina ai livelli pre-crisi e un robusto calo dei fallimenti (-29% nei primi mesi del 2017). Sono queste alcune delle considerazioni emerse dal rapporto Cerved PMI 2017, la pubblicazione annuale dedicata all’analisi dello stato di salute economico-finanziaria delle società italiane che rientrano nella definizione europea di Piccole e Medie Imprese.

Analizzando gli indicatori economico-finanziari, oltre a più ricavi, valore aggiunto e migliori margini
lordi, si rileva come le PMI abbiano considerevolmente accresciuto gli investimenti che, rapportati alle immobilizzazioni materiali, passano dal 6,2% del 2015 al 7,8% del 2016. Si tratta di un dato particolarmente indicativo della solidità della crescita, se consideriamo che si tratta di una propensione diffusa tra le imprese di tutte le dimensioni e in tutti i settori, compresi quelli che in passato avevano mostrato tendenze altalenanti come le costruzioni.

«Il numero di PMI è tornato a crescere e la redditività si avvicina ai livelli pre-crisi con una ripresa che ha basi finanziarie e reddituali molto solide. Tuttavia è necessario aumentare la produttività delle nostre imprese e accelerare il ritmo di crescita, troppo indietro rispetto a quello degli altri principali paesi europei – commenta Marco Nespolo, Amministratore Delegato di Cerved –. A tal fine, sarà decisivo sfruttare il potenziale di Industria 4.0: la trasformazione tecnologica dei processi produttivi implica la possibilità di automatizzare molte mansioni e, allo stesso tempo, apre nuove opportunità di creazione di posti di lavoro ad alto valore aggiunto».

La lunga fase di recessione e stagnazione ha fortemente colpito l’economia italiana e in particolar modo le piccole e medie imprese che, dal 2007 al 2014, sono passate da 150 mila a 136 mila (-10% del sistema produttivo). Il 2015 è stato l’anno dell’inversione di tendenza che si è confermata e rafforzata nel 2016 quando le PMI hanno toccato le 145 mila unità con un aumento di 5 mila imprese (+3,6%). A questo aumento hanno contribuito sia il saldo positivo fra PMI nate e morte, sia, soprattutto, il netto incremento di microimprese (+9,7%) che hanno accresciuto la propria classe dimensionale diventando PMI.

Nel 2016 si è registrato un nuovo calo delle PMI che sono uscite dal mercato: sono poco meno di 6mila le imprese che hanno avviato una procedura concorsuale o una liquidazione volontaria (-14,8% vs anno precedente). Nei primi sei mesi del 2017 tale miglioramento ha ulteriormente accelerato, con una diminuzione del 21% su base annua: una tendenza che, se confermata, porterà il tasso di mortalità delle imprese sotto i livelli pre-crisi. In particolare, è proseguito a ritmi sostenuti il calo dei default sia nel 2016 (19,5%) sia nella prima parte del 2017 (-29,3%). Si configura invece come un vero crollo la diminuzione delle procedure concorsuali non fallimentari (-39% sul 2015) dovuto al sempre minore utilizzo del concordato preventivo, una tendenza che si conferma anche per la prima parte del 2017 quando tocca il -35%. Nel 2016, anche se con meno vigore si è confermata la riduzione delle liquidazioni volontarie (-3,7%), tale dato è tuttavia visto in netto miglioramento già nella prima parte del 2017, quando le liquidazioni calano a doppia cifra (-21,6%). Analizzando i diversi settori, si evidenzia il dato dell’industria che con il 15,7% in meno di procedure nel 2016 e il -20% nei primi sei mesi del 2017, torna a livelli pre-crisi.

Il dato di maggior rilievo risulta quello relativo alla propensione all’investimento: nel corso nel 2016 le PMI hanno mostrato una decisa accelerazione negli investimenti che toccano il 7,8% rispetto alle immobilizzazioni materiali, con andamenti positivi in tutte le classi dimensionali e in tutti i settori, compresi quelli – come le costruzioni – che in passato avevano mostrato tendenze altalenanti. Inoltre, da un’analisi sui bilanci delle 68 mila PMI classificate nell’area di sicurezza e solvibilità in base al Cerved Group Score emerge che, dal punto di vista finanziario, esiste uno spazio molto ampio per un’ulteriore crescita degli investimenti. Sono, infatti, 52 mila le PMI che hanno un livello di indebitamento «modesto»3 e che potrebbero finanziare ulteriori investimenti fino a 103 miliardi di euro, mantenendo un grado di rischiosità estremamente contenuto. Si tratta di un aumento molto consistente, pari al 23,9% dell’attivo, quindi con un potenziale molto rilevante in termini di capacità produttiva.

Circa la metà di questo potenziale è attribuibile a 43 mila piccole imprese: un bacino molto interessante per chi offre finanziamenti, poiché queste imprese pagano il denaro a costi elevati anche se hanno un rischio di default basso: una piccola impresa considerata «sana» secondo gli score di Cerved ha un costo del credito pari al 4,7%, lo stesso di una media impresa «rischiosa» e un costo molto più alto di una grande impresa «rischiosa» (2,7%). Molte delle piccole società con margini per ulteriori investimenti (circa 22 mila) operano completamente in autofinanziamento: valutare quanto di questa mancata opportunità sia dovuta a resistenze degli imprenditori ad accedere a finanze esterne e quanto a mancanza di offerta del settore finanziario è fondamentale per sbloccare questo canale di crescita.