16 aprile 2024
Aggiornato 21:00
Robotica

L'ingegnere ligure che aiuta gli ipovedenti con la tecnologia (e l'intelligenza artificiale)

Horus ha la capacità di elaborare e descrivere all’utente cosa lo circonda. E’ in grado di rilevare gli ostacoli lungo il cammino, così come leggere testi, riconoscere gli oggetti anche da angolazioni diverse

L'ingegnere savonese che aiuta gli ipovedenti con la tecnologia
L'ingegnere savonese che aiuta gli ipovedenti con la tecnologia Foto: Shutterstock

GENOVA - E’ in grado di rilevare gli ostacoli lungo il cammino, così come leggere testi, riconoscere gli oggetti anche da angolazioni diverse (grazie alla percezione in 3D). Si chiama Horus ed è un device nato dall’idea del savonese Saverio Murgia che, insieme al trentino Luca Nardelli, aiuta le persone con disabilità visiva a leggere e riconoscere oggetti, scritte e volti delle persone. I due ragazzi, peraltro, si sono conosciuti durante il loro percorso di studi all’Università di Robotica e Bioingegneria del capoluogo ligure.

Tutto nasce in un pomeriggio di sole, a Genova, nel 2014. I due giovani stanno tornando dall’Università quando incontrando un non vedente che chiede loro aiuto per poter arrivare alla stazione del bus per Genova Brignole. Gli prestano subito soccorso e, durante il tragitto, i due ragazzi, si rendono presto conto di tutte le difficoltà che i non vedenti o coloro che stanno perdendo la vista possono incontrare durante il loro cammino, ogni singolo giorno. Dalla difficoltà di percepire gli ostacoli a quella di leggere, ad esempio, le indicazioni sui cartelli stradali. Sono stupiti, a tal punto da voler trovare presto una soluzione. Da qui, anche grazie al costante sudio sulla computer vision applicata alla robotica, nasce il progetto Horus.

Il device è in grado di compiere diverse operazioni di riconoscimento grazie all’intelligenza artificiale. Costituito da una cuffia indossabile con telecamere e da una parte tascabile contenente un potente processore e una batteria di lunga durata, Horus attiva le proprie funzionalità grazie a pulsanti facilmente individuabili, di forme diverse e posizionati sia sulla parte indossabile che su quella tascabile.

Horus, attraverso queste cuffie «sportive», diventa un vero e proprio assistente personale ed ha la capacità di elaborare e descrivere all’utente cosa lo circonda. Grazie a complessi algoritmi di riconoscimento, il device, acquisisce ed elabora le immagini, lette poi direttamente nelle cuffie dell’utente. E’ possibile, inoltre, associare ad un volto un nome specifico, così che venga memorizzato e ricordato in futuro. Horus avverte la persona in caso di ostacoli attraverso il riconoscimento degli oggetti che vengono individuati lungo il cammino, elaborati poi in informazioni vocali. I messaggi potranno essere ascoltati solo da chi ha il wearable con sé: Horus si basa sul meccanismo della conduzione ossea, che permette di ascoltare suoni che non passano attraverso il canale uditivo, ma tramite una vibrazione che arriva direttamente al timpano.

Da quel giorno del 2014 in cui i due ingegneri prestarono aiuto alla persona non vedente, Horus (oggi noto come Eyra) ne ha fatta di strada. L’anno scorso Saverio Murgia e Luca Nardelli si sono aggiudicati il finanziamento della holding americana 5Lion Holdings di ben 900 mila dollari (circa 832 mila euro) per portare sul mercato lo speciale apparecchio. Ma non solo, perché, i due giovani imprenditori, sono gli unici italiani ad essere stati compresi nella categoria dei trenta «social entrepreneurs» europei più talentuosi sotto i trent'anni, stilata dalla rivista economica americana Forbes. Una grande soddisfazione, per un progetto che ha cambiato e cambierà la vita a molte persone ipovedenti in difficoltà.