19 marzo 2024
Aggiornato 03:30
il caso

Perchè non c'è un disegno di legge che mette al bando l'iPhone in Italia

E’ in discussione sui social network, in queste ore, un disegno di legge depositato in Senato e voluto da Stefano Quintarelli, dei Civici e Innovatori che potrebbe mettere al palo i dispositivi Apple in Italia. Ma è davvero così?

C'è davvero un disegno di legge che mette al bando l'iPhone in Italia?
C'è davvero un disegno di legge che mette al bando l'iPhone in Italia? Foto: ANSA

ROMA - C’è o non c’è (davvero) un disegno di legge calendarizzato in Senato che potrebbe mettere al bando l’iPhone in Italia? E’ in discussione sui social network, in queste ore, un articolo che - a partire da un disegno di legge depositato in Senato e voluto da Stefano Quintarelli, dei Civici e Innovatori - ipotizza la possibilità che i dispositivi Apple possano essere messi al palo nella nostra nazione proprio a causa dell’articolo 4 in esso contenuto. E questo perché l’articolo consente all’utente «il diritto» di utilizzare «a condizioni eque e non discriminatorie software, proprietario o a sorgente aperta, contenuti e servizi leciti di loro scelta» ed escluderebbe quindi, secondo le prime interpretazioni, computer e dispositivi mobili Apple nella misura in cui su questi non è possibile installare software a sorgente libera. Ma è davvero così?

Leggendo il testo dell’articolo 4 che vi riporto in calce qui sotto, mi sorgono alcuni dubbi di interpretazione, soprattutto in merito alla relazione con i dispositivi di Casa Cupertino.

«Gli utenti hanno il diritto di reperire in linea, in formato idoneo alla piattaforma tecnologica desiderata, e di utilizzare a condizioni eque e non discriminatorie software, proprietario o a sorgente aperta, contenuti e servizi leciti di loro scelta. Gli utenti hanno il diritto di disinstallare software e di rimuovere contenuti che non siano di loro interesse dai propri dispositivi, salvo che tali software siano previsti come obbligatori da norme imperative o siano essenziali per l'operatività o per la sicurezza del dispositivo, delle reti pubbliche di comunicazioni alle quali si connette o dei dati gestiti dal dispositivo. È comunque vietata ogni disinstallazione effettuata al solo fine di consentire al dispositivo di funzionare in violazione di norme imperative».

E ancora di più resto incuriosita dai commenti provenienti da alcuni esponenti del mondo prettamente tecnico sui social, da coloro che, diciamo, dovrebbero intendersene un po’ di più, quanto a tecnologia. Da una parte chi dice che il diritto di installare/disinstallare qualunque software su qualunque device si traduce nell’impossibilità di commercializzare il melafonino in quanto emblematico esempio di sistema operativo chiuso, dall’altra chi sostiene, invece, che il sistema di Apple di chiuso avrebbe ben poco. Di fatto la norma permetterebbe agli utenti di decidere cosa installare e cosa disinstallare dai propri dispositivi, a meno che i software non siano fondamentali per il funzionamento del dispositivo stesso. Tale accezione non metterebbe al palo l’iPhone in quanto nelle nuove versioni è possibile disinstallare quasi tutto, tranne Impostazioni, App Store, Health e Clock. In questo caso si tratta di applicazioni che consento l’ottimo funzionamento del dispositivo e che si inserirebbero quindi in quella parte di norma che vieta la disinstallazione delle app solo quando queste risultano indispensabili per il funzionamento del telefono. Il ddl, infatti, non metterebbe fuori prodotti come iPhone e iPad. Se è vero che non concedono di installare completamente programmi reperiti in rete, è anche vero che garantiscono un importante numero di alternative all’interno dell’App Store.

E non sarebbe neppure esattamente corretto dire che l’iPhone potrebbe essere messo al palo nel Belpaese poiché su di esso non è possibile installare software a sorgente libera. Di fatto l’utente può liberamente scegliere cosa installare sul proprio Mac o iPhone, incluso un software libero, se disponibile. Sui nostri computer Apple, ad esempio, abbiamo la possibilità di installare software come Chrome, completamente open. Il disegno di legge quindi, approvato all'unanimità alla Camera, che prevede appunto libero accesso a software, contenuti e servizi non confliggerebbe con le regole di Cupertino e non metterebbe quindi al palo l'iPhone in Italia. La legge ci dice, quindi, che nessun servizio online può fare discriminazioni in base alla piattaforma che utilizziamo per accedere: obbliga a rendere i servizi disponibili a tutti e permette agli utenti di decidere cosa usare.

«Laddove la legge può intervenire è nel marketing - dice Quintarelli -. Ad esempio, se si riesce a dimostrare che un pezzo di software può funzionare correttamente sia su un iPad che su un iPad Pro, ma Apple decide artificialmente di limitarlo al solo iPad Pro per motivi di marketing e non tecnici, allora il cittadino potrebbe fare denuncia all’AGCM. Stessa cosa può dirsi se Apple vietasse di installare Google Maps su iOS, al solo scopo di promuovere la sua applicazione Mappe (lo stesso vale anche per Google e per le altre aziende che producono sistemi operativi e non solo)».