Perchè i robot non sostituiranno i lavoratori
Per un’azienda sarà più economico assumere un uomo, affiancarlo alle attrezzature tecnologiche e remunerarlo meno, anziché comprare la tecnologia che svolge tutto il lavoro al posto suo, pagandola decisamente di più

ROMA - Saremo schiavi moderni, alla pari di quelli che - durante le guerre per la conquista dei territori - venivano presi per fare i lavori più umili. Solo che la ‘guerra’ che si svolgerà nel futuro sarà quella tra uomo e macchina, dove sarà la macchina ad avere la meglio. Uno scenario che ha dell’apocalittico, ma che vien facile immaginare se consideriamo quanto corre veloce l’automazione, la robotica e l’intelligenza artificiale. E se a dirlo sono anche i ‘guru’ americani dell’hi-tech, c’è da farci un pensierino.
Uomini competitor delle macchine
Secondo Albert Wenger, partner dello Union Square Ventures, fondo di venture capital che ha investito in imprese come Twitter e Tumblr, gli uomini non saranno completamente sostituiti dalle macchine, ma saranno dei loro competitor, pagati sempre meno. Per lui l’automazione completa è una vera e propria chimera. I lavori futuri, tuttavia, richiedono sempre meno competenze umane. Pertanto, per svolgerli, saranno richieste competenze sempre più basse, tirando dentro anche i professionisti più specializzati, ovviamente.
Meno competenze necessarie e meno retribuzione
Anzi, per certi aspetti, la tecnologia va a invadere lo spazio proprio di quelle persone che mostravano delle competenze più specifiche. Per spiegare meglio, Wenger fa riferimento a Uber. I tassisti londinesi, per ricevere la licenza dovevano superare un test, dimostrando di conoscere alla perfezione tutte le 25mila strade della capitale del Regno Unito. Ora non è più necessario far viaggiare il cervello: è sufficiente che il tassista abbia un dispositivo in cui inserire le coordinate. In questo senso Uber non ha tolto lavoro ai tassisti, ma ha permesso anche ai lavoratori meno qualificati di svolgere quella professione. Ne deriva che serviranno più lavoratori qualificati per creare tecnologia, la quale, tuttavia, sarà capace di rendere meno qualificate altre professioni (come i tassisti). Ed è per queste occupazioni che i salari sono destinati a scendere drasticamente. In quest’ottica, per un’azienda sarà più economico assumere un uomo e pagarlo meno, anziché comprare la tecnologia che svolge tutto il lavoro al posto suo, pagandola decisamente di più.
Il reddito di base e la tassazione
A fronte di questa visione, l’obiettivo dei governi, ma anche di chi di tecnologia si impasta le mani tutti i giorni, è quello di trovare delle soluzioni. La risoluzione approvata dal Parlamento europeo, a tal proposito, suggerisce l’introduzione di un reddito di base a favore dei lavoratori che progressivamente verranno sostituiti dai robot. Un vero e proprio salario anche in assenza di lavoro. Dibattuta poi, la proposta di Bill Gates, di tassare i robot. «Ogni robot sostituisce un lavoratore, che, presumibilmente, ha uno stipendio di 50.000 dollari l’anno, su cui versa le tasse. Questo - ha detto Bill Gates - provoca una mancata fiscalità, che va recuperata tassando il robot, le aziende che lo costruiscono e quelle che lo installano, per destinarla ai sussidi della gigantesca disoccupazione che si verrà a creare». Ma se ci pensiamo, tassare i robot significa, prima di tutto, tassare le aziende. E dopo aver fatto tanto per spingerle verso l’innovazione.
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