18 aprile 2024
Aggiornato 07:30
il caso

Bill Gates e la tassa sui robot: «Significherebbe tassare le imprese»

La proposta di Bill Gates di tassare i robot ha portato economisti, politici e giornalisti a un dibattito accesso sull'automazione e la perdita di posti di lavoro. Un interessante spunto arriva da Mario Seminariro, economista

ROMA - Robot, automazione, intelligenza artificiale e posti di lavoro. Temi caldi di questi tempi. Tra normative che si susseguono e che mirano a regolare un fenomeno in forte espansione e proposte dai toni quasi «pop» che attirano l’attenzione dei media su un tema che, forse, è preso con troppa leggerezza. Come l’idea di Bill Gates di tassare i robot. Proposta che ha sollevato un polverone mediatico a 360 gradi, tra chi si è schierato a favore o contro, tra giornalisti, economisti, politici e anche tra i più umili lavoratori. Un tema importate, perché quando si parla di automazione allora si parla anche di perdita di posti di lavoro. Per la precisione 5 milioni di posti di lavoro entro il 2020, secondo le stime.

Bill Gates e i robot
E allora ecco che arriva la proposta che accende gli animi, li fa agitare, come se non lo fossero già abbastanza, perché gli interessi economici ci sono e sono grandi. Tassiamo i robot, per di più dal padre di Microsoft, che di tecnologia dovrebbe saperne parecchio. «Ogni robot sostituisce un lavoratore, che, presumibilmente, ha uno stipendio di 50.000 dollari l’anno, su cui versa le tasse. Questo - ha detto Bill Gates - provoca una mancata fiscalità, che va recuperata tassando il robot, le aziende che lo costruiscono e quelle che lo installano, per destinarla ai sussidi della gigantesca disoccupazione che si verrà a creare». Il concetto, di questi tempi, è quanto mai verosimile, ma nasce all’interno di un contesto ancora piuttosto confuso. Anche perché non esistono norme precise a riguardo. In questa direzione si sta muovendo il Parlamento Europeo con una risoluzione di Mady Delvaux (S&D),  frutto dell'attività di un apposito gruppo di lavoro sulle questioni legali relative allo sviluppo di robotica e intelligenza artificiale. Tra i punti anche l’introduzione di un reddito di base a favore dei lavoratori che progressivamente verranno sostituiti dai robot. Oltre a una serie di norme volte a creare un codice di condotta etico, soprattutto per evitare che vengano a instaurarsi relazioni affettive tra uomo e macchine. Lo stesso sta facendo anche il governo italiano con una mozione che mira a dettare le norme etiche ed economiche per interagire con questi nuovi umanoidi. Quasi come se la competizione fosse tra chi regola il settore per primo.

C’è già la tassa sugli utili
Ma cosa significherebbe davvero tassare i robot? Sul punto giornalisti ed economisti hanno espresso pareri divergenti. Come Milena Gabanelli secondo cui una tassazione già esiste nel momento in cui la tecnologia aumenta gli utili di un’impresa e su questi la stessa paga la tasse. «Se negli anni Ottanta si fosse pensato di tassare i pc e i relativi software, che hanno cancellato dalla faccia della terra milioni di impiegati, lo sviluppo informatico sarebbe stato rallentato, e la Microsoft di Bill Gates probabilmente non sarebbe quella che è oggi», ha scritto la giornalista sulle pagine del Corriere della Sera.

Una tassa sul reddito delle imprese
Ma se ci pensiamo, tassare i robot significa, prima di tutto, tassare le aziende. E dopo aver fatto tanto per spingerle verso l’innovazione. Un interessante spunto per questa riflessione è stato dato da Mario Seminerio, economista, alla trasmissione Otto e mezzo, secondo cui la proposta di Bill Gates avrebbe come obiettivo quello di evitare che le Big Company, sotto pressione a causa di eventuali sollevazioni popolari per la perdita di posti di lavoro, debbano privarsi del capitale generato dalla tecnologia. E poi ci sono le piccole e medie imprese. E per loro sarebbe un colpo basso. «La tassazione dei robot non è altro che un aumento della tassazione sul reddito d’impresa o una patrimoniale sull’impresa - dice Seminario -. Se si eccede un certo livello di reddito le aziende smettono quindi di ricorrere alla tecnologia. E dopo si vede cosa succede. Questa proposta significa intervenire sulla tassazione d’impresa, peraltro in un momento dove in tutto il mondo c’è una vivace competizione per abbassare la fiscalità sulle imprese e attrarre aziende estere sul territorio». Insomma, dopo aver fatto tanto per incentivare le piccole e medie imprese ad aprirsi all’innovazione e alla tecnologia, ora la proposta di tassare i robot potrebbe metterle in ginocchio. Forse potrebbe esserci un’altra soluzione per evitare la disoccupazione, incentivando i lavoratori alla formazione continua.