Perchè una leadership partecipativa è il futuro di ogni grande azienda
Modelli di governance basati sulla partecipazione dove ogni dipendete prende decisioni relative al suo settore. Dove vige fiducia e trasparenza. Ecco perchè gli organigrammi a piramide non funzionano più
MILANO - «Siamo una realtà che abbraccia l’incertezza e per questo non facciamo mai previsioni oltre la settimana». Nuovi modelli di governance aziendale che Pietro Cesati, CEO di Soisy, startup che si occupa di peer to peer leandig, ha applicato nella propria azienda, perché «gli organigrammi a piramide ormai non funzionano più e, per quanto deriva dalla mia esperienza, hanno fatto perdere completamente la strada a tutte le banche tradizionali». E probabilmente non solo alle banche.
La governance partecipativa
Pietro Cesati ha lasciato una brillante carriera come risk manager per BNL BNP Paribas per fondare la sua startup, Soisy, all’interno della quale ha stravolto completamente i modelli di governance. «Il fatto che ci sia troppa distanza tra chi prende le decisioni e chi ha informazioni fa sì che il meccanismo si inceppi e non lavori bene - ci spiega Pietro - . Nei modelli a piramide, infatti, chi detiene le informazioni più importanti si trova spesso nei gradini più bassi e non gli è consentito non solo prendere decisioni, ma risulta difficile anche che possa interfacciarsi facilmente con chi, invece, le decisioni le può prenderle. Noi costruiamo insieme la leadership e abbiamo una governance di tipo partecipativo».
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La pianificazione giornaliera
Questo non significa che non ci sia un leader, perché poi, alla fine, qualcuno che ha l’ultima parola ci deve essere. Solo che si lavora per parti, per compiti, dove ognuno è responsabile della propria sezione e, in linea di massima, prende decisioni relativamente a quel determinato comparto. Certo, ci vuole fiducia. Per questo la selezione del team è una delle parti più importanti per far funzionare bene un’azienda. «Ogni giorno facciamo uno stand up meeting dove ognuno dice cosa ha fatto il giorno prima e cosa ha intenzione di fare nella giornata in corso - ci spiega ancora Pietro -. Sono le persone a guidare Soisy. Ognuno descrive le sue difficoltà e passa la parola: se qualcuno non è d’acordo con le proposte se ne discute, ma la pianificazione non è mai calata dall’alto». Questo è sinonimo di trasparenza, laddove anche le comunicazioni scritte si svolgono sullo stesso piano, con la chat Slack, dove ognuno può accedere ai contenuti aziendali, eccetto quelli delle conversazioni private. E poi la pianificazione è quasi sempre giornaliera, a volte settimanale: «Niente piano industriale o budget annuale, cosa conta davvero è ciò che faremo oggi». Un'zienda fondata sulle persone dove le responsabilità sono spalmate orizzontalmente e mai troppo verticali.
L’innovazione di processo
L’obiettivo di Pietro è, prima di tutto, creare un’ambiente dove i dipendenti siano felici di lavorare, soprattutto oggi dove il lavoro è sempre più condizionato dallo sviluppo digitale e ancorato a Internet. «Il nostro modello è nato piano piano affrontando tutta una serie di problemi - ci dice ancora Pietro -. Dall’assunzione del dipendente che non voleva trasferirsi a Milano all’organizzazione del lavoro degli sviluppatori». Infatti, in Soisy, ogni dipendente può lavorare da remoto e quindi scegliere liberamente dove svolgere le proprie mansioni. In ottica smart working. «Ci ritroviamo tre o quattro volte l’anno tutti insieme per fare il punto - conclude Pietro -. Ma credo che i miei dipendenti siano felici del nostro modello organizzativo, dove le parole d’ordine sono fiducia, trasparenza e autonomia. Un modello questo che dovrebbe essere trasmesso alle numerosissime aziende italiane che si trovano in difficoltà. Perché innovazione non vuol dire solo innovazione di prodotto, ma anche e soprattutto di processo».
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