6 giugno 2023
Aggiornato 17:00
22% posti scoperti

Digitale, le professioni che mancano in Italia

Tutta una serie di competenze che già oggi rimangono scoperte, come conferma una ricerca Adecco, secondo cui il 22% delle offerte di lavoro nel settore digitale, Italia, resta scoperta

ROMA - Oltre 9mila posti di lavoro scoperti entro il 2020 con un gap di competenze da far spavento. Perchè i tempi stanno cambiando e non sappiamo stare al passo. Come cambiano i tempi, cambiano anche le professioni che si adattano alle esigenze che impone l’innovazione e l’accelerazione tecnologica. Data analyst, sviluppatore per il mobile, big data architect, ma anche digital copywriter, e-reputation manager e digital advertiser. Una sfilza di parole che per molti non hanno senso, ma che rappresentano le vere professioni del futuro.

Big Data e user experience
Un’accelerata importante la stanno avendo i big data ed è per questo che diventa sempre più importante sviluppare competenze che siano capaci di prendere tutti i dati prodotti dalle aziende e trasformati in valore per le stesse. Operazione che sembra più facile a dirsi che a farsi e lo è sicuramente. Cambia anche il modo di costruire i siti e i contenuti: il passaggio di una serie di operazioni sul telefonino o sul tablet, ad esempio, ha rafforzato il ruolo degli sviluppatori mobile e per migliorare l’esperienza degli utenti sono richiesti user experience director.

Comunicazione e web
Anche la comunicazione ha, in qualche modo, cambiato il suo modus operandi. Con l’avvento di e-commerce e social network, ad esempio, è necessario che le agenzie adottino un digital copywriter, un pr in grado di coordinare le attività di pubbliche relazioni online e un digital advertiser che pianifichino campagne pubblicitarie sul web. Dove il web ha un’importanza talmente fondamentale che per un’azienda, non essere sul web, equivale a non esistere. Da qui è necessaria la figura dell’e-reputation manager che coordina l’immagine dell’impresa in rete.

Le competente manageriali
Molte delle competenze richieste, come ci ha detto in una recente intervista Mario Calderini, sono di tipo manageriale, laddove è importante riuscire non tanto a sviluppare le tecnologie, quanto piuttosto a rendere strategiche e funzionali per l’azienda. Perr questi motivi che ai piani alti delle imprese è necessario che sieda una figura come quella del chief technology officer, o dirigente tecnologico, che si occupa di rinnovare i processi industriali, i prodotti e i servizi adeguandoli alle tecnologie più all’avanguardia.

Oltre 400milioni per il piano scuola digitale
Tutta una serie di competenze che già oggi rimangono scoperte, come conferma una ricerca Adecco, secondo cui il 22% delle offerte di lavoro nel settore digitale, Italia, resta scoperta. E questo perchè mancano le basi, perchè la formazione o è insufficiente o arriva in ritardo. Tant’è che i giovani italiani che lavorano nel segmento del digitale sono il 12% del totale, contro il 16% della media europea. La situazione potrebbe cambiare anche grazie al nuovo piano Industria 4.0 per cui il ministero dello Sviluppo economico ha specificato che l’Italia punta a dotarsi di 200mila studenti universitari e tremila manager specializzati nei settori della quarta rivoluzione industriale, di circa 1.400 dottorati di ricerca sull’argomento (sui cinquemila complessivi) e di Competence center nazionali. Per questo, entro il 2020, 355 milioni saranno investiti nel piano scuola digitale, che sostiene l’apertura di atelier creativi e di manifattura digitale, formazione del pensiero computazionale alle elementari, lo sviluppo di 25 curricula digitali e programmi di alternanza tra studio e lavoro. Altri 70 milioni (più 30 milioni da sponsor privati) andranno alle superiori e alle università per organizzare corsi e master sui temi dell’industria 4.0.