Milano città delle startup per il Financial Times
Milano ospita il 14,75% delle startup innovative presenti sul territorio italiano. Dispone di un ecosistema florido e incentivante che favorisce lo sviluppo del business anche grazie all'Università Bocconi e alla reperibilità di capitali
MILANO - Per il Financial Times è Milano la città migliore, in Italia, per fare startup anche se dobbiamo ammettere che quanto a innovazione, se pur lenta, questa si è diffusa un po’ in tutto il territorio del Belpaese, a dispetto di altre nazioni dove si è concentrata nelle principali metropoli come Londra e San Francisco. Sarà che Milano ha una storia imprenditoriale abbastanza florida se pensiamo ai guru della moda come Giorgio Armani o al recente successo di Federico Marchetti, CEO del portale di fashion retail Yoox che lo scorso dicembre ha toccato 1,7 miliardi di fatturato.
Milano capitale italiana delle startup
Anche se startup di tutto rispetto e valore sono nate anche in città come Torino, Bologna o Roma, è Milano a detenere il vero successo. Con 1,2 milioni di abitanti che salgono a 5,5 milioni se si annovera anche la provincia, contra il maggior numero di startup innovative: su 1.183 presenti in Lombardia a marzo 2016, Milano ne ospita 802, pari al 14,75% sulle 5.439 registrate complessivamente al Registro delle Imprese, praticamente il doppio della capitale. Milano è quindi in testa. E a dirlo non solo i dati o il Financial Times, ma anche il recente rapporto pubblicato da Eu-Startup, che annovera le 50 migliori startup cities d’Europa per il 2016. Lo stesso rapporto ha, inoltre, evidenziato la crescita dell’accesso delle startup italiane al Fondo di garanzia per le Piccole e medie imprese: anche in questo caso la Lombardia detiene il primato con 320 finanziamenti elargiti per un totale di 126,6 milioni di euro.
Ecosistema incentivante
Secondo il Financial Times la medaglia d’oro arriva da un ecosistema virtuoso generato da alcune circostanze che hanno fatto la differenza nello sviluppo e nella crescita del substrato innovativo. Il prestigio dell’Università Bocconi, il cui master in Finance è il nono migliore al mondo, la disponibilità di capitali, la portata mondiale dell’industria alimentare e dell’alta moda, la scia generata dall’aver ospitato Expo 2015 e forse anche alcuni provvedimenti legislativi che hanno saputo allargare le braccia alle opportunità.
Il limite burocratico
Uno dei limiti più importanti, però, resta la burocrazia che lo stesso Financial Times definisce «scoraggiante» per chi è intenzionato ad avere successo con la propria startup. Un buon passo avanti l’ha fatto il decreto legge «crescita 2.0» del 2012 che il Ministero dello sviluppo economico ha pensato a sostegno di startup e PMI innovative, agevolandole in molte occasioni. Esonero dalle imposte di bollo, assunzioni flessibili, possibilità di raccolta di capitale tramite crowdfunding, incentivi fiscali per chi investe, accesso al fondo di garanzia con cui lo stato copre fino all’80% dei prestiti bancari e alleggerimento del processo di bancarotta sono solo alcuni di essi. Insomma, in un quadro d’insieme non ce la caviamo poi così male, ma per certi aspetti dobbiamo rimboccarci le maniche e darci da fare, anche per evitare che i talenti di cui disponiamo e che studiano nei nostri atenei, poi finiscano all’estero a fare business.
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