Il centro commerciale che dista pochi metri dall'obelisco sovrastato da una stella rossa, celebrante la vittoria nella «Guerra patriottica», è uno splendido esempio della Russia di oggi. Opulenza, sfarzo, stucchi e deserto: un monumento consumista dell'occidente. Si trova sulla celebre «Prospettiva Nevskij», a poca distanza da Ploshchad Vosstaniya, la piazza della Vittoria e della stazione ferroviaria. Sul tetto di questo centro commerciale, dove oggi splendono le dorate e scintillanti luminarie di Natale, furono piazzate le contraeree che spararono per quattro anni proiettili traccianti, i fuochi d'artificio della Leningrado sotto assedio tedesco. Fuori dalla stazione, che dista lo spazio di un attraversamento pedonale, le contadine con il fazzoletto in testa colorato e annodato sotto il mento vendono teste d'aglio in un sottovaso verde: cinque teste, quaranta rubli, meno di un euro. Sono un fossile vivente, gli albori del libero mercato post sovietico che si sono congelati, nello spazio e nel tempo. Teste d'aglio, calze di lana fatte a mano, purpurei melograni sgranati, peperoni, tutto nelle mani di donne dai tratti asiatici che iniziarono a vendere per strada durante la Perestrojka di Gorbaciov: il primo passo del post comunista oggi giunto dopo peripezie inenarrabili al centro commerciale poco distante, dove bellissime donne accarezzano la morbida pelle di borsette che costano quarantamila rubli. San Pietroburgo non rappresenta la Russia profonda, ma la comanda. «La vita di Pietroburgo tranquilla, sontuosa, occupata solo di apparenze, di riflessi dell'esistenza, scorreva come per l'innanzi e dal mezzo dal corso di quella vita» si legge in «Guerra e Pace». E' sempre stato così: dal tempo dei grandi romanzieri russi che descrissero l'inutile strapotere dei salotti di questa città, e la loro accanita, voluttuosa, decadenza morale e materiale.