Dentro le contraddizioni
di un paese
che chiede solo rispetto

Dov'è la censura?

Esiste libertà di espressione in Russia? Siamo andati a cercarla nei cinema, nelle metropolitane, laddove vivono i russi. E trovato ciò che immaginavamo

di Maurizio Pagliassotti

Il centro commerciale a due passi dall'obelisco con la stella rossa
Il centro commerciale a due passi dall'obelisco con la stella rossa

Il centro commerciale che dista pochi metri dall'obelisco sovrastato da una stella rossa, celebrante la vittoria nella «Guerra patriottica», è uno splendido esempio della Russia di oggi. Opulenza, sfarzo, stucchi e deserto: un monumento consumista dell'occidente. Si trova sulla celebre «Prospettiva Nevskij», a poca distanza da Ploshchad Vosstaniya, la piazza della Vittoria e della stazione ferroviaria. Sul tetto di questo centro commerciale, dove oggi splendono le dorate e scintillanti luminarie di Natale, furono piazzate le contraeree che spararono per quattro anni proiettili traccianti, i fuochi d'artificio della Leningrado sotto assedio tedesco. Fuori dalla stazione, che dista lo spazio di un attraversamento pedonale, le contadine con il fazzoletto in testa colorato e annodato sotto il mento vendono teste d'aglio in un sottovaso verde: cinque teste, quaranta rubli, meno di un euro. Sono un fossile vivente, gli albori del libero mercato post sovietico che si sono congelati, nello spazio e nel tempo. Teste d'aglio, calze di lana fatte a mano, purpurei melograni sgranati, peperoni, tutto nelle mani di donne dai tratti asiatici che iniziarono a vendere per strada durante la Perestrojka di Gorbaciov: il primo passo del post comunista oggi giunto dopo peripezie inenarrabili al centro commerciale poco distante, dove bellissime donne accarezzano la morbida pelle di borsette che costano quarantamila rubli. San Pietroburgo non rappresenta la Russia profonda, ma la comanda. «La vita di Pietroburgo tranquilla, sontuosa, occupata solo di apparenze, di riflessi dell'esistenza, scorreva come per l'innanzi e dal mezzo dal corso di quella vita» si legge in «Guerra e Pace». E' sempre stato così: dal tempo dei grandi romanzieri russi che descrissero l'inutile strapotere dei salotti di questa città, e la loro accanita, voluttuosa, decadenza morale e materiale.

Il film che spopola in Russia e che inguaia l'ultimo zar
Il film che spopola in Russia e che inguaia l'ultimo zar

Il centro commerciale dorato, pieno di luci e di colori, che ha preso il posto di un vecchio mercato, ha ovviamente una multisala in perfetto stile occidentale: nella sala dieci va in scena la storia di Mathilda, l'amante dello zar Nicola II, l'ultimo dei Romanov. E già qui le cose non quadrano più: perché se il governo russo è quel censore di cui si sente molto parlare in occidente, non si capisce come, in un regime dittatoriale quale è rappresentata la Russia odierna, possa avere spazio un film così. Sepolta la fase sovietica, trasformata in macchina mangia soldi dei turisti la mummia di Lenin, la Russia di Putin dovrebbe essere la riproposizione dell'ultima fase dell'impero zarista. La nuova bandiera, il nuovo inno con ampie venature nostalgiche - i riferimenti a Lenin e al comunismo sono stati eliminati mentre sono stati introdotti quelli a Dio e alla religione, inoltre il testo precedente era più proiettato al futuro, quello attuale riprende maggiormente il passato - la riproposizione dell'aquila imperiale a due teste, il rapace dall'adunco becco spalancato che guarda verso est ed ovest l'immenso impero zarista: la Russia di oggi vuole rifare la Russia dei Caesar. Su questo film molto si discute in Russia, molto se ne scrive, alcuni vorrebbero ritirarlo dalla programmazione - i religiosi - molti ne hanno sentito parlare e lo hanno visto per curiosità, la maggior parte se ne disinteressa. La storia è semplice: lo zar Nicola II, fucilato ad Ekaterinburg dai bolscevichi con tutta la discendenza più il cane, oggi oggetto di culto per un numero di russi sempre più vasto, era un demente. E qui le cose si fanno ancora più serie, perché lo zar riceveva dalle mani dei pope ortodossi la corona dell'impero, ma si autoincoronava: era il principio della autocrazia. Ovvero l'accusa che l'occidente muove al presidente Putin. Il film mette in luce la figura di un uomo mediocre, l'ultimo zar, senza un pensiero nella testa, che aveva per amante la giovane ballerina del teatro Mariinskij, Matilda Feliksovna Kšesinskaja. Una ragazza che ricorda vagamente la contessa Natasha Rostova, che Lev Tolstoj, accanito misogino, elevò ad archetipo femminile della sciocchezza. I Romanov, che in Russia non sono considerati come i Savoia in Italia, ne escono demoliti. I membri della famiglia Romanov, sterminata nel 1917, in Russia sono stati proclamati santi. Nel film lo zar Nicola, nel pieno di un tempo tumultuoso che già incubava i moti rivoluzionari che avrebbero deviato il corso del secolo e della storia, perde la testa dietro alla bella ballerina sul palco del Balshoi nel momento in cui questa, volontariamente, fa cadere una spallina. Una scena totalmente inventata, ridicola, demente. La promessa sposa ufficiale, quella che diventerà la zarina ossessionata dal diavolo santo Rasputin, al punto tale da dargli le chiavi politiche dell'impero, Aleksandra Fëdorovna Romanova, diventa una sorta di Lady Diana ante litteram. Altra bugia clamorosa: la zarina era sì nevrastenica, ma perché aveva partorito l'unico discendente maschio emofiliaco, trasmettendo così una «tara» del suo ramo, tedesco, alla discendenza imperiale.

Ekaterinburg, lontana Siberia
Ekaterinburg, lontana Siberia

Nella piccola chiesa fatta costruire dopo la fine del sovietismo, i Romanov - quel che ne resta delle loro spoglie mortali - sono venerati come santi. E in un paese fortemente religioso, ortodosso, con le reliquie non si scherza. La chiesa, dove non si fanno fotografie, non si entra mezzi nudi, non si ride, non si mangia, non si beve, insomma non si possono fare tutte quelle cose che la Chiesa Cattolica ormai accetta perché in caso contrario oltre che i fedeli perderebbe anche i turisti, è stata battezzata la «Chiesa del sangue», e non è difficile comprenderne la ragione. Qui sorgeva la «Casa a destinazione speciale», ultima dimora dei Romanov dove furono prima rinchiusi e poi uccisi su ordine di Lenin in persona. Qui, in questo luogo sacro alla Russia, i componenti dell'ultima famiglia imperiale sono racchiusi dentro una cornice d'oro massiccio, e sulle loro teste stilizzate c'è l'aureola della santità. Uomini, ma soprattutto donne, baciano i loro ritratti, chiedono a quelle figure una grazia, un aiuto. Le monache nero vestite cantano ogni ora alla luce delle candele. Fuori, lungo la scalinata dove si accalcano le vecchie che salgono con un cero in mano, si affastellano le statue dei Romanov che qui vennero uccisi  dalla Ceka, la polizia segreta da cui sorse il Kgb. Nevica, ci sono dieci gradi sotto zero, ma la processione è continua. Il cinema di san Pietroburgo dove viene proiettato «Mathilda» dista poche centinaia di metri non solo dal centro commerciale chic, ma anche dalla Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, dove i resti dei Romanov furono portati nel 1991. È un altro luogo sacro della Russia, forse ancor più della «Chiesa del Sangue»: anche qui le loro figure recano l'aureola della canonizzazione della Chiesa Ortodossa, anche qui è una costante, silenziosa processione di fedeli che recano omaggio all'unico zar santo della Russia. Natalia Poklonskaya ha trentasette anni, è molto bella e molto sobria, e sarà colei che sostituirà Vladimir Putin - secondo chi scrive - tra qualche anno. Oggi Natalia Poklonskaya è «solo» l'ex procuratore generale della Crimea, nonché numero due della Duma. Qualche mese fa sosteneva di aver ricevuto 100mila lettere di protesta per bloccare il film. Così ha domandato di applicare tutte le norme previste dalla legge nel caso in cui una manifestazione pubblica offenda i sentimenti religiosi. Ma la censura non è passata e il film si trova regolarmente nelle sale. A favore della libertà d'espressione si è espresso il presidente, che così è andato contro il potere religioso russo. Il quale, a poche settimane dalle elezioni presidenziali, ha organizzato manifestazioni di protesta in tutte le città russe. Non solo: sul quotidiano Kommersant, il giornale più importante della Russia, si susseguono le dichiarazioni di vari governatori che chiedono la rimozione della pellicola dalle sale.

Per lo storico «un film clamorosamente falso», ma nessuna censura
Per lo storico «un film clamorosamente falso», ma nessuna censura

Kostantine Meredov è uno storico di San Pietroburgo e per il suo commento mi dà appuntamento in quella che fu la villa di Mathilda, ovviamente un regalo dello zar Nicola II. I bolscevichi ne fecero uno loro quartier generale, oggi è un museo che ripercorre la fase rivoluzionaria di un secolo fa. Meredov si sofferma sul film: «È clamorosamente falso, sotto ogni aspetto, senza alcuno spessore storico-scientifico. Un film costruito per creare guai a poche settimane dalle elezioni». Torno in Italia, riapro i giornali, pagine e pagine in cui si scrive di mancanza di libertà d'espressione si susseguono. Mi tornano in mente le immagini della spallina che cade, dello zar Nicola II che si autoincorona - straordinariamente e volutamente evocative - il parallelo esplicito tra la Russia di oggi e quella di ieri, il modo in cui viene rappresentata la Chiesa Ortodossa. Qualcosa non quadra.

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