28 marzo 2024
Aggiornato 21:30
Il successore Mansour rischia di spaccare movimento dei talebani

Dopo il Mullah Omar, Kabul tra pace e la minaccia dell'Isis

La morte del Mullah Omar apre il problema della leadership del movimento talebano, che rischia divisioni interne. Ma soprattutto, su Kabul si allunga l'ombra del Califfato nero...

KABUL (askanews) - La morte del leader supremo dei talebani Muallah Omar e la conseguente scelta di un successore non carismatico come mullah Akhtar Mansour proietta l'Afghanistan verso uno scenario incerto. In bilico tra una pace lasciata intravedere dal dialogo appena avviato tra gli studenti coranici e Kabul e il rischio di spaccatura del movimento islamico a favore di una temuta - e probabile - ascesa dello Stato Islamico (Isis) del Califfo Abu Bakr al Baghdadi. Una prospettiva che oggi viene sottolineata da molti analisti e media, sia mediorientali che occidentali. Non c'è comunanza di opinioni, invece, sulla figura del nuovo leader Mansour, visto da alcuni come «moderato e favorevole alla pace» e da altri come «un agente di Islamabad ostile ai negoziati con Kabul».

Nuovo leader Mansour
Fonti talebane citate dalla France Presse sono convinte che Mansour sia «un uomo pragmatico e fortemente favorevole a proseguire il dialogo con Kabul per porre fine al bagno di sangue» nel Paese centrasiatico. Del resto il nuovo leader «ha mostrato la sua abilita di navigare tra le diverse correnti del movimento, dal Consiglio dello Shura di Quetta, all'ufficio politico di Qatar ma anche come comdandante sul terreno» in Afghanistan.

Leadership contesa
Pragmatismo e abilità politica che non escludono necessariamente un fatto, ovvero la divisione in seno al movimento, come sottolinea oggi il quotidiano libanese Al Nahar. Secondo il foglio di Beirut ad insidiare la leadership ci sono due personaggi di spicco: il primo è il giovane Mullah Sardar Yakoub, figlio del mullah Omar, che era considerato favorito nella corsa alla successione a dispetto dei suoi 26 anni; il secondo è il mullah Thakir Qaium, ex detenuto a Guantanamo e attuale capo militare dei talebani in Afghanistan. Inoltre, «i legami di lunga data con il Pakistan hanno condotto molti suoi avversari a sospettare che Mansour sia poco meno che un burattino», come scrive l'esperto giornalista Hashim Safi. Per il quotidiano panarabo al Sharq al Awsat, addirittura Mansour «è ritenuto un agente dell'inteligence pachistana e quindi fortemente ostile al dialogo con Kabul già dai tempi di Hamid Karzai», l'ex presidente afgano.

La minaccia del Califfato nero
Ma al di là della valutazione sulla linea politica che seguirà il nuovo leader rispetto ai negoziati di pace con Kabul, c'è un aspetto sul quale concordano gli analisti: il movimento, proprio mentre rischia una profonda divisione al suo interno, è chiamato ad affrontare la difficile sfida di fermare l'espansione in Afghanistan del Califfato nero di al Baghdadi. Per esempio il quotidiano Al Naha, è convinto che «all'ombra delle profonde divisioni dei militanti talebani, ora che è stata accertata la morte del loro leader supremo, molti cambieranno bandiera e passeranno all'Isis, che tra l'altra ha già avviato una consistente campagna di reclutamento in tre province afganen nell'Est e il Nord del Paese».

Scontri Isis-talebani
A dispetto delle rassicurazioni ufficiali di Kabul circa la minaccia posta dall'Isis, la presenza di Jihadisti del Califfato è sistematicamente segnalata, già dagli inizi di quest'anno. Secondo fonti tribali della provincia meridionale di Helmand citate da «Al Arabiy al Jadid», centinaia di militanti dell'Isis «ben armati e meglio finanziati» hanno impegnato i talebani in violenti scontri nel distretti strategico di Kajakai dove si trova la seconda diga del Paese. Non solo, ma nel gennaio scorso gli studenti coranici avrebbero arrestato il leader dell'Isis in Afghanistan al Maulawi Abdul Rauf al Khadim, ex talebano ed ex detenuto di Guantanamo. Solo due giorni prima, l'Isis aveva annunciato di avere esteso il suo Califfato a Pakistan e Afghanistan, appuntando Hafez Saeed Orzaki come «emiro della provincia di Khorsan» (provincia che include Pakistan, Afghanistan e parte dell'Iran) e del suo vice Khadim.